A.A.A. cercasi manager liquido per relazioni 4.0

Laura Torretta

Laura Torretta, Counselor Organizzativo ad indirizzo Sistemico Relazionale

Siamo arrivati alla sesta tappa di questo viaggio tra sistemi e relazioni. Oggi porto l’attenzione su un tema al centro della metamorfosi del lavoro: la managerialità e i manager. Tutti sul banco degli imputati. Come al solito nella nostra cultura occorre sempre trovare un colpevole per quello che non va secondo previsioni e aspettative Da più fonti emerge una classe dirigente e manageriale disorientata e impreparata a gestire la complessità della quarta rivoluzione industriale.

Uno sguardo al passato: managerialità 1.0 funzionale a modelli chiusi piramidali

I manager ricevono da troppo tempo troppe sollecitazioni spesso contraddittorie tra business e people, tra headquarter e country, travolti dall’ansia da prestazione e schiacciati dalla pressione scaricano verso il basso! Oggi si aggiungono una serie di imperativi: devi cambiare per accogliere i millennials altrimenti se ne vanno, devi gestire la diversity, perché ci sono le quote rosa da raggiungere, devi sviluppare il team altrimenti il talento si disperde…..

Tutto molto interessante e vero ma c’è un ma…fermiamoci un attimo a riflettere!

Sono stata un dirigente, ho gestito business e persone per i primi 25 anni in azienda, ho vissuto in prima persona da baby boomer il percorso di carriera verticale immutato da decenni che sceglie come manager il miglior specialista funzionale. Chi è diventato manager perché ha scelto di gestire e sviluppare persone… scagli la prima pietra! Potendo scegliere oggi a parità di OTE una carriera verticale e orizzontale: quanti manager executive sceglierebbero consapevolmente il people management? Sviluppare le persone è un’arte, presuppone la profonda intenzione di volerlo fare e la capacità di saperlo fare, si può imparare? Sicuramente sì ma occorre tanta umiltà e pazienza, formazione ed esperienza.

D’altro canto l’economia 1.0 presupponeva una governance molto accentrata, pochi pensatori e molti esecutori, bassissime deleghe…’zitti e muti’, venivamo anche da una educazione famigliare che portava grande rispetto all’autorità e si sottometteva ai voleri della ‘mamma azienda’ che garantiva un posto accogliente e sicuro, che si preoccupava della nostra carriera e della nostra formazione. La scalata nelle caselline dell’organigramma e alla cima della piramide era l’unica strada possibile, con cordate annesse!

La meritocrazia ha latitato per molto tempo e le raccomandazioni hanno prevalso, molte persone sono rimaste alla base della piramide ad attendere possibilità che non vedevano e non arrivavano, le donne prima di tutti incapaci di chiedere promozioni sempre in veneranda attesa di riconoscimenti esterni. I capi hanno fatto del loro meglio forse come capi buoni piuttosto che buoni capi. Ma ora arrivano le nuove generazioni a mischiare le carte! La convivenza delle diversità e la gestione dell’ageing mix sono una sfida impellente per ogni manager.

Quel mondo fatato non c’è più, per chi è rimasto nella stessa azienda aspettando la pensione che si sposta sempre più in avanti sono arrivati tempi durissimi: occorre fare i conti con l’inerzia e assumersi le proprie responsabilità su una employability inadeguata ai nuovi scenari economici e ai nuovi contesti organizzativi. Responsabilità personale e responsabilità organizzativa, di ceo, prime linee e direttori HR che hanno assecondato tutto questo chiusi nel loro eremo per rendicontare numeri, accecati da razionalizzazioni successive che non quadravano mai nei fogli excel, concentrati su cambiamenti che vedevano solo ‘full time equivalent’ dimenticando che sono le persone che agiscono le relazioni organizzative e fanno accadere le cosequando non resistono e fanno fallire strategie e processi. In queste dinamiche di potere e conflitti latenti, attraverso una cultura di punizione dell’errore, schiacciati tra manifestazioni individualistiche violazioni sugli ordini di appartenenza e rispetto…fiducia e collaborazione sono state sacrificate. Le organization network analysis mostrano come gli snodi gerarchici sono un collo di bottiglia per la strategia agita sul mercato di riferimento. Prima abbiamo alzato mura tra business units, definito metriche che separavano persone nella stessa casa; ora dobbiamo abbattere i silos e promuovere la partecipazione attiva.

Probabilmente sono una millennial ‘dentro’, vicina agli anta (i secondi!) sentivo stringersi sempre di più il modello organizzativo come un cappio al collo! Sono uscita consapevolmente dall’azienda 7 anni fa, ero un dirigente attivo, un key performer e un change agent, votata alla bandiera e sempre pronta a contribuire per far accadere le cose. Ma il nuovo CEO iniziò a portare nei paesi un claim ‘stop to think and start to excecute’,: sono un’ottima esecutrice ma non posso smettere di pensare, significa morire. Volevo alimentare la mia motivazione e trovare un senso nell’agire, volevo sviluppare ancora il mio potenziale. Il senso non c’era nella strategia e nei processi, il mercato lo ha decretato in modo ineluttabile. Sentivo di non essere più nel posto giusto per me. Il motto con cui sono uscita dopo l’elaborazione di una mappa dell’identità professionale era che ‘non avrei voluto mai diventare un manager asettico e politico’ ma il contesto stava alimentando le condizioni di isolamento delle persone. Il nuovo destino professionale è al servizio dello sviluppo della società, ho trovato la mia nuova strada di senso diventando un counselor ad orientamento sistemico relazionale (csr x csr). Oggi aiuto il sistema lavoro ad affrontare le nuove sfide per trovare e far evolvere la sostenibilità personale, professionale, manageriale ed organizzativa.

In questo nuovo destino professionale ho accolto tutte le generazioni e accompagnato storie di trasformazione attraverso diversi ruoli e livelli del sistema organizzativo. All’interno di percorsi individuali e di gruppo sono stata al servizio come mentor per chi si avvicina a fine università alle aziende o muove i primi passi nel lavoro, come consulente di outplacement per chi è in transizione verso nuovi orizzonti, come facilitatrice-coach-counselor per chi vuole allenare le nuove competenze soft 4.0. In questo passaggio culturale e valoriale supporto persone e aziende a migliorare benessere ed efficacia.

Managerialità allo specchio: chi è la più bella del reame? Un sistema bipolare?

Per mantenere aggiornata la mia conoscenza e competenza partecipo a molti seminari e convegni, collaboro a gruppi di lavoro associativi che si occupano dell’evoluzione del sistema Lavoro. Una specifica dimensione che mi appassiona è quella manageriale in quanto nodo o snodo del sistema organizzativo: quadri e dirigenti rappresentano dei crocevia virtuosi o viziosi per il resto della popolazione aziendale.

Condivido con voi un articolo, uscito nel 2014 sul Corriere, sintesi di una ricerca condotta da Bocconi, dal titolo Dirigenti allo specchio: si vedono generosi e aperti ma per i dipendenti non è vero. Come possiamo notare il gap tra auto-percezione ed etero-percezione viaggia tra i 25 e 40 punti a dimostrare le infinite prospettive possibili nelle relazioni. Sicuramente la verità sta nel mezzo ma già quattro anni fa era evidente uno scollamento tra domanda e offerta di managerialità all’interno dell’employee jouney.

Le aree are maggiormente impattate erano:

  • Lascia prendere decisioni in autonomia
  • Motiva in situazioni difficili
  • Ha consapevolezza degli impatti sulle persone
  • Stimola ad uscire dalla comfort zone
  • Favorisce opportunità di sviluppo

Nel primo punto c’è un gap minore, i dirigenti sanno che non delegano e lasciano poca autonomia ma credono ancora che sia giusto così! A seguire si confermano alcuni punti critici della nostra cultura non solo aziendale anche sociale: evitiamo di far emergere i conflitti per paura di saperli gestire, ascoltiamo e domandiamo poco, non conosciamo veramente i collaboratori perciò non comprendiamo se e come una decisione impatta sulle loro vite, esistono pochi change leader naturali mentre molti manager temono il cambiamento e non sono esempi di innovazione per i team, molti altri hanno paura che il successor porti via il loro posto, altri non sanno vedere il talento potenziale o non vedono mai nessuno bravo come se stessi, così pregiudicano ogni forma di crescita e sviluppo dei collaboratori.

Passano gli anni, i millennials crescono, i baby boomers invecchiano , la generazione zeta incalza ma… le ricerche confermano la stasi, a parte qualche caso di eccellenza che risplende nelle classifiche di ‘Best place to work’.

Condivido alcuni insights presentati al convegno ‘The Humanizing Era’ da Luca Quaratino, un estratto molto stimolante dell’Osservatorio Employee Relations & Communications 2018 (Università IULM), che prospetta l’urgenza per una nuova cultura manageriale.

Solo il 13% dei collaboratori vive in aziende ‘eden’ (fully engaging), il 20% si sente nella savana (potentially engaging), il 67% è tra la palude e il deserto potenzialmente o totalmente disingaggiato! L’anello debole della catena per sostenere la motivazione e la partecipazione è il manager.

I collaboratori considerano rilevanti leve gestionali che sono invece meno importanti per i manager come: lo smart working, il re-training, la formazione sulle capacità personali, il sostegno personalizzato, il benessere organizzativo, il diversity management, il coinvolgimento nella csr .

Si vorrebbe discutere di più sui temi critici: il tormentone di tutte le stagioni e di tutti gli anni!

I collaboratori vorrebbero essere ascoltati di più e avere un dialogo onesto e trasparente con ogni livello affrontando con responsabilità le criticità per uscirne tutti più forti con la condivisione di scelte utili al raggiungimento di obiettivi comuni.

Una riflessione che porgo nelle aule di sviluppo manageriale è questa: dato che tutti abbiamo un capo e ogni manager è anche un collaboratore dovremmo dare l’esempio verso l’alto (chiedere) e verso il basso (dare). Fermiamo il rimbalzo della responsabilità verso l’alto non può esserci un solo colpevole in cima alla lista e non può più esserci omertà diffusa.

E’ arrivato il momento, anzi ora è urgente, di assumere responsabilità sulla diffusione di una nuova cultura manageriale che supporti l’evoluzione a rete inter-funzionale delle organizzazioni liquide dove nessuno è indispensabile ma nessuno è onnipotente, occorre organizzare e mobilitare ogni singola risorsa e talento nel sistema includendo e valorizzando unicità e diversità.

Verso un rinascimento della managerialità: nuove relazioni e abilità per manager liquidi

Molti manager non vogliono accettare questo nuovo paradigma e restano chiusi nei loro schemi mentali “per cui si è sempre fatto così”, altri si sono resi conto di questo cambiamento in atto ma faticano a trasformare le abitudini, molti executive eccellenti nelle competenze specialistiche sono falliti nel confronto sulle nuove abilità soft durante candidature esterne e all’interno di valutazioni 360 interne!

Alcune ricerche di associazioni di categoria come Manageritalia e Federmanager mostrano una crescente consapevolezza dei manager ed elaborazione del problema: al primo posto nella richiesta di formazione c’è il supporto a gestire e sviluppare le persone. Rendersi conto di essere parte del problema è la prima comprensione utile in un percorso di cambiamento e trasformazione, osservo ed elaboro un principio di realtà, accetto il fatto che non posso cambiare gli altri ma solo me stesso, assumo responsabilità su un piano di azioni conseguenti a raggiungere i nuovi obiettivi

I vari modelli manageriali ci hanno fatto attraversare il MBI (Management by instructions) e il MBO (Management by objectives) per approdare al MBV (Management by values). Da tempo si è scoperta la rilevanza della parte soft e informale dell’organizzazione ma ora l’imperativo è passare dalla teoria alla pratica. In un contesto complesso occorre includere e ingaggiare ogni risorsa disponibile del sistema organizzativo, occorre collaborare affinché si perseguano consapevolmente obiettivi comuni per stare bene insieme.

Purtroppo ho visto molte aziende e top line elaborare codici etici, bilanci di missione, scrivere core values sui muri dell’azienda ma dimenticare di essere di esempio nella quotidianità in ogni singolo piccolo gesto, di esercitare i valori culturali che rappresentano i veri assets aziendali. (Best place to work and to live). Quante due diligence e acquisizioni sono fallite per aver trascurato la parte soft e la resistenza dei manager prima ancora dei loro ‘riporti’ o ‘sottoposti’?

Credo che ci sia un senso di urgenza etico per l’educazione, la formazione e l’apprendimento su alcune categorie deputate alla crescita e allo sviluppo di altri esseri umani. Per questo farei fare obbligatoriamente un percorso di crescita personale attraverso un anno di counseling a tutti i genitori, gli insegnanti, i manager. Aggiungo la classe politica in quanto responsabili dello sviluppo di una intera comunità. Tutte le relazioni e tutti i sistemi sociali ne avrebbero un grande beneficio e vantaggio sostenibile nel tempo.

Torno al nostro tema centrale, al fatto che essere manager oggi implica una rinnovata relazione con la managerialità, un aggiornamento di skills e abilità più funzionali ad accogliere la moderna organizzazione liquida.

La CEC (Community European Managers) nel 2017 ha sviluppato una ricerca sulla capacità di essere Leader di se stessi e dell’organizzazione nel futuro del lavoro. Ha mappato ben 19 abilità, ha allargato gli orizzonti prospettati da Word economic forum sui 10 skills del futuro del lavoro e si è focalizzata sulla prospettiva manageriale.

Sustainable leadership for a world in transition

Ecco l’elenco

  •  Mindfulness e Consapevolezza
  • Gestione delle aree di forza e di debolezza
  •  Atteggiamento positivo e resiliente
  •  Senso etico e responsabile
  •  Spirito proattivo e migliorativo
  •  Empatia e Intelligenza sociale,
  •  Adattabilità e Flessibilità
  •  Comunicazione e Motivazione
  •  Guidare con l’esempio
  •  Senso di appartenenza
  •  Capire e utilizzare la diversità
  •  Creatività
  • Gestione dell’incertezza e dell’ambiguità
  • Mettersi in discussione
  • Aggregare intorno a una visione
  • Capacità Cross-funzionali
  • Pensiero Strategico
  • Pensiero Sistemico

Una prospettiva per una nuova leadership manageriale che aggrega componenti tecniche, emozionali, etiche e sociali. Molte abilità prospettano un passaggio centrale nella gestione consapevole delle relazioni tra i diversi sistemi endogeni ed esogeni all’organizzazione. Counseling skills per tutti.

Ti invito a riflettere su questo elenco, valuta da solo un auto-feedback e le aree di miglioramento, inizia ad aprirti al confronto chiedendo feedback al tuo sistema di relazioni interne capo, colleghi, collaboratori, poi estendi la richiesta e apriti al tuo network esterno, arriva fino ai clienti. Coinvolgi nel tuo sviluppo professionale e nella tua employ-ability ogni stakeholder del tuo sistema di sviluppo manageriale.

Ci sono gap e aree di sviluppo? Ci sono ostacoli e pregiudizi, idee e percezioni, schemi mentali e credenze che ti impediscono di sviluppare qualcuna di queste aree? Vantaggi nascosti a restare nella zona di comfort? Sicuramente si altrimenti lo avresti già fatto, scegli oggi cosa ha senso per te e cosa sei motivato a cambiare: cosa vuoi fare e cosa puoi fare per potenziare la tua managerialità!

Ti invito nello stesso tempo a riflettere sul fatto che sei stato un buon manager, capitalizza il passato e riprogetta il tuo futuro professionale per adeguare in modo dinamico le tue potenzialità a nuovi contesti e nuove organizzazioni. Hai una responsabilità etica verso il tuo benessere professionale e deontologica per il ruolo che ricopri al quale è giusto tu dia un valore dinamico di apprendimento continuo.

Ah dimenticavo… impara ad apprezzare con pazienza i piccoli passi nell’agire in modo diverso, datti il permesso di sbagliare e impara dagli errori per adattare i tuoi comportamenti in modo più funzionale, datti merito e festeggia le trasformazioni e… chiedi aiuto con umiltà e respons-abilità!

Grazie del tuo tempo e spazio a riflessioni e condivisioni.

Approfitto per augurare a tutti serene festività e per darvi appuntamento il 7 gennaio con l’ultima tappa del viaggio, la settima: la relazione con i buoni propositi!

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