Tra le preoccupazioni e gli aspetti critici associati al lavoro da remoto c’è, lo abbiamo visto nei mesi scorsi, il timore di veder ridotta la produttività dei lavoratori. Il sospetto, alla base di un simile pensiero, è che le persone – non controllate e lasciate a loro stesse – sviluppino la tendenza a lavorare meno e in modo meno efficace.
A placare questo scetticismo arriva ora un report realizzato dal Capgemini Research Institute, intitolato The future of work: from remote to hybrid, che dimostra – dati alla mano – non solo come la produttività sia aumentata con il lavoro da remoto, ma anche come questa modalità di lavoro rischi di sovraccaricare i lavoratori, che da più parti iniziano a lamentare una condizione always on, ovvero di attività costante.
Il lavoro da remoto è sempre più produttivo
Iniziamo da quella che per molti è una buona notizia: il report Capgemini ha rilevato che per il 63% delle aziende intervistate il terzo trimestre del 2020 ha registrato un incremento della produttività dei lavoratori, legato all’eliminazione dei tempi di spostamento verso l’ufficio, alla flessibilità oraria e alla diffusione di validi strumenti di collaborazione virtuale. Anche per il futuro il campione intervistato professa ottimismo, aspettandosi un aumento complessivo della produttività pari al 17% nei prossimi 2-3 anni.
Lato aziende, il lavoro da remoto ha comportato ulteriori vantaggi in termini di riduzione delle spese sostenute sul fronte immobiliare: negli ultimi 3-4 mesi l’88% dei rispondenti ha registrato dei risparmi, destinati ad aumentare nei prossimi 2-3 anni secondo il 92% delle imprese interpellate.
Remote working non è sinonimo di always on
Mentre le aziende festeggiano il lato positivo del lavoro da remoto, i lavoratori ne mettono in luce l’aspetto più critico: la condizione di connessione costante, che sul lungo periodo può diventare dannosa per gli individui.
Secondo quanto rilevato da Capgemini, questa preoccupazione riguarda il 56% dei dipendenti; i lavoratori più giovani, inoltre, stanno manifestando il bisogno di un maggior sostegno per affrontare lo stress associato alle nuove condizioni lavorative (per dare un’idea in cifre, si parla del 60% dei lavoratori di età compresa tra i 26 e i 35 anni).
Il lavoro da remoto risulta problematico, infine, anche per i nuovi assunti, che spesso si sentono poco coinvolti e che – a causa del supporto limitato ricevuto al loro ingresso in azienda – lamentano un senso di confusione e spaesamento nel 54% dei casi. A questo si aggiungono il mancato allineamento ai valori aziendali, la scarsa conoscenza dei benefici che l’organizzazione offre loro (52%), e la difficoltà – condivisa anche dagli altri dipendenti – nel collaborare virtualmente (38%).
Verso la tutela di produttività e persone: l’equilibrio ibrido
Di fronte a queste difficoltà, ma anche consapevoli del fatto che le persone continueranno a svolgere parte delle loro attività al di fuori dell’ufficio, le aziende devono adottare un modello di lavoro ibrido, basato sul giusto equilibrio tra lavoro da casa e presenza in ufficio, ma anche su valori come il supporto costante, l’ascolto continuo, la collaborazione e la fiducia.
Ciò significa, secondo quanto evidenziato da Capgemini, ripensare le strutture esistenti, riconsiderare l’efficacia dei modelli operativi, abbattere i silos organizzativi e le barriere tra i diversi team aziendali, puntando su
- nuovi modelli di ricerca e selezione;
- stili di leadership rinnovati, fondati sulla valorizzazione di autonomia, empatia e trasparenza;
- ripensamento della cultura aziendale, secondo le linee guida di fiducia, adattabilità e costruzione di nuove abitudini collettive, anche a distanza, per stimolare il senso di appartenenza e il raggiungimento di un obiettivo comune;
- creazione di una solida infrastruttura per accelerare la digitalizzazione delle attività lavorative senza soluzione di continuità, investendo non solo in nuove tecnologie ma anche nella formazione dei lavoratori.
«I sistemi di performance management devono essere aggiornati in modo da misurare produttività e risultati, piuttosto che produzione e ore inserite» ha dichiarato Alessandro Annese, HR and Organization Director di Capgemini in Italia. «La nostra ricerca mostra che l’impatto sul benessere psicofisico dei dipendenti in un contesto di lavoro da remoto può anche essere dannoso. I leader aziendali devono intervenire attivamente per offrire maggiore supporto e creare un ambiente in cui le persone possano parlare apertamente delle loro preoccupazioni, favorendo un migliore equilibrio tra lavoro e vita privata. Per costruire legami più forti è inoltre necessario comunicare chiaramente i valori dell’organizzazione e rafforzare il senso di fiducia della forza lavoro, il tutto supportato da un’infrastruttura digitale che consenta di lavorare senza soluzione di continuità e favorisca l’efficienza dei dipendenti e il sostentamento di un modello ibrido».
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