Brand reputation, il capitale del terzo millennio

brand reputationLa quinta rivoluzione industriale è in arrivo, e il suo cuore pulsante sarà la brand reputation. È questa la tesi alla base del libro Reputazione. Capitale del terzo millennio, scritto da Davide Ippolito – cofondatore di Zwan, un’agenzia di reputation marketing.

Secondo l’autore, l’emergenza sanitaria ha dimostrato in modo inequivocabile come la reputazione, tanto per le aziende quanto per gli Stati, rappresenti ormai un vero e proprio capitale in grado di determinare prosperità e stabilità sul mercato.

Stando così le cose, la brand reputation diventa un fattore chiave per ogni azienda, che deve perciò imparare a conoscere e governare gli aspetti che la determinano, valorizzando collaborazione, fiducia, rete e organizzazione.

Passati quindi i tempi in cui la reputazione poteva ancora essere considerata come un mero valore e giudizio soggettivo, siamo approdati in un’era in cui essa è diventata un asset capace, come dimostrano le borse, di generare un valore che supera i 20 miliardi di dollari.

Secondo Ippolito sono tre le azioni che possono condurre aziende e Stati a compiere un autentico salto di qualità reputazionale:

  • monitoraggio, attraverso gli strumenti ideati per analizzare la reputazione, sempre più complessi e di importanza strategica per un’organizzazione;
  • costruzione corretta e impeccabile del proprio capitale reputazionale;
  • tutela, attraverso tutte le più aggiornate prassi e norme comportamentali da seguire in ottica di crisis management.

Il libro di Davide Ippolito, inoltre, riporta una serie di casi studio che illustrano come gestire la propria brand reputation per creare valore economico. Tra questi, uno dei più interessanti è quello relativo a Giovanni Rana, che durante l’emergenza sanitaria ha avviato un piano da 2 milioni di euro a favore dei dipendenti. Da tempo l’azienda è sotto la lente di Reputation Rating, l’osservatorio permanente sulla reputazione, che la definisce come una delle organizzazioni più virtuose in ottica reputazionale.

«Oggi è scorretto parlare di “reputazione”; occorre parlare di “reputazioni”, chiedendosi rispetto a cosa o nei confronti di chi. Ma il più grande errore strategico è pensare che la reputazione sia solo quello che dicono di te online» ha concluso Davide Ippolito. «Attraverso l’algoritmo di Reputation Rating, l’unico framework di analisi che misura e pesa tutte le dimensioni della reputazione in un unico ambiente, abbiamo realizzato un’indagine sulla reputazione degli Stati durante la pandemia. Ne è emerso che l’Italia, avendo gestito bene alcuni aspetti, ne potrebbe uscire con una reputazione rafforzata, con la possibilità di una più rapida ripresa economica, cosa che non si può dire di altri Paesi come USA e Gran Bretagna. Un esempio che dimostra come la reputazione non sia soltanto ciò che gli altri pensano. In quest’indagine, infatti, abbiamo analizzato le dimensioni della reputazione del sistema Paese, e non quella dell’attuale Governo, e i risultati che ne sono emersi sono stati eccezionali».

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