Mail, tweet, squilli, notifiche… siamo circondati da stimoli provenienti da tutte le parti e siamo immersi in una vita parallela, costituita principalmente da relazioni e amicizie che viaggiano via social network. Questa non è più una novità, anche se fatichiamo a rendercene conto. Ecco perché IPG Warehouse, la piattaforma che analizza ricerche e approfondimenti legati a temi sociali e di attualità, ha deciso di parlare di digital stress, ossia dell’affaticamento causato dalle molteplici interazioni che gestiamo sui device digitali. Lo spunto è la nona edizione di Wave, la ricerca globale dedicata ai social media denominata The meaning of Moments, condotta da UM, centro media del gruppo IPG Mediabrands. Lo studio si basa su dieci anni di analisi del contesto social globale, con 54.000 persone intervistate in 79 Paesi del mondo solo nell’ultima edizione. L’analisi dei momenti più rilevanti nella vita delle persone si è basata su ben 60 miliardi di interazioni online, un numero non da poco per la ricerca proprietaria UM.
L’analisi evidenzia numerosi spunti: l’85% degli utenti online a livello globale, per esempio, dichiara di gestire attivamente il proprio profilo social, un dato in incremento rispetto alle precedenti edizioni. L’impatto di questa esposizione ai social è dirompente: molti utenti sentono l’esigenza di essere sempre connessi e informati su tutto ciò che accade sui social. Questo comporta il manifestarsi del digital stress o stress digitale nel momento in cui le persone si allontanano momentaneamente dalle attività social. Molte persone, proprio a causa della gestione costante dei profili online, si sentono fuori dal mondo se non ricevono continuamente aggiornamenti e contenuti.
L’85% degli utenti utilizza la messaggistica istantanea per rimanere in costante contatto con famiglia e amici, e si aspetta la stessa interattività e immediatezza nelle relazioni online. Viviamo in un mondo sempre più multitasking in cui le persone si trovano a svolgere più azioni contemporaneamente, come per esempio rispondere al telefono, scrivere al pc e leggere una mail sul tablet allo stesso momento. Incuriosisce molto lo studio portato avanti dall’Università di Stanford che, a questo proposito, ha messo in guardia gli utenti digitali multitasking dal compiere tutte queste azioni contemporaneamente. Secondo i ricercatori, il nostro cervello sembrerebbe non prestare sufficiente attenzione a tante azioni svolte nello stesso momento.
Tornando a Wave 9, vengono evidenziati alcuni aspetti interessanti: il 50% degli intervistati dichiara di essere preoccupato di “perdere qualcosa di ciò che accade nel mio social network” (FOMO – Fear of Missing Out), mentre il 60% delle persone si sente stressato e in ansia quando non può accedere a Internet. Una recente ricerca dell’azienda Apple, analizzata anche sul Wall Street Journal, ha evidenziato come si arrivi a utilizzare il proprio dispositivo mobile fino a 80 volte al giorno, un dato che sorprende alcuni, ma non sorprende per niente altri.
Altro aspetto su cui riflettere è che le persone propense a considerare i social network come luogo di divertimento o svago sono diminuite del 37% rispetto al 2010 e, al contrario, sono aumentati del 40% gli utenti che li considerano come piattaforma di promozione di loro stessi.
In Wave 9 – The Meaning of Moments sono stati identificati e descritti i 138 momenti più rilevanti nella vita delle persone, e sono stati individuati i sentimenti e i consumer needs a essi associati. Lo studio dei moments è alla base della filosofia e dell’approccio UM: individuare i momenti più rilevanti nella relazione tra le audience e i brand è di vitale importanza per massimizzare l’impatto dell’attività di comunicazione.
Fino a qualche anno fa sarebbe stato impensabile considerare gli strumenti tecnologici – e più in generale le piattaforme virtuali – come fonti di stress; il nostro millennio, invece, è caratterizzato da una vera e propria invasione e intossicazione da tecnologie. Il contesto digitale è enormemente influente. Il 53% degli utenti dei social media concordano sul fatto di essere influenzati da opinioni condivise online, una percentuale che aumenta al 60% nella fascia di età tra i 25 ed i 34 anni. Ma non tutte le piattaforme hanno lo stesso ruolo: Facebook, per esempio, è considerato la piattaforma per eccellenza di cui si parla tra gruppi di amici (60% a livello mondiale). Twitter, invece, è maggiormente percepito come una piattaforma che influenza l’opinione pubblica mondiale (45%).
Lo stress digitale rappresenta una delle nuove condizioni provocate dalla continua connessione e volontà di condivisione virtuale che modifica molte delle dinamiche a cui siamo sempre stati abituati finora.
Carlo Messori
General Manager UM – Universal McCann Italia
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