Le relazioni organizzative: un labirinto tra strategie, processi, persone

Laura Torretta

Laura Torretta, Counselor Organizzativo ad indirizzo Sistemico Relazionale

Siamo già a fine settembre, le ferie sono ormai un ricordo lontano e siamo in rincorsa sugli obiettivi di chiusura affardellati nelle proposte del nuovo anno. Cambiamo strategia? Cambiamo processi? Cambiamo persone? Forse possiamo guardare con occhi diversi quello che c’è senza ripassare sempre dal via, forse tutti insieme possiamo fare sistema nelle organizzazioni che abitiamo. In questa nuova tappa ti trasporto verso alcune riflessioni sulle relazioni organizzative.

Il contesto della quarta rivoluzione industriale: tra VUCA e trasformazioni liquide!

Il contesto in cui le organizzazioni si trovano a sopravvivere o evolvere è caratterizzato da una elevata e crescente complessità. Fin qui lo sappiamo ma…tra il dire e il fare c’è di mezzo …un mondo di relazioni. Da qualche anno è entrato nell’uso comune fare riferimento al contesto in cui ci troviamo ad operare come un ambiente VUCA (Volatility come volatilità, Uncertainty come incertezza,Complexity come complessità. Ambiguity come ambiguità) adottando una definizione importata dall’esercito americano. Fa un po’ senso doversi sentire sempre pronti ad entrare in guerra ma possiamo mediare ogni aggettivo a nostro piacere perché non diventi un’ossessione quotidiana. E’ vero che l’industry 4.0, l’interconnessione globale, le tecnologie disruptive esponenziali accelerano in modo brusco e pervasivo la necessità di cambiare strategie, modelli di business e processi ma è altrettanto vero che sviluppare relazioni organizzative trasparenti ed inclusive che valorizzino la diversità aiuta a condividere le esperienze e unire le risorse.

Per riflettere sui cambiamenti dell’ambiente esterno mi piace onorare lo straordinario Zygmunt Bauman, sociologo e filosofo, morto nel 2017 mentre stava terminando la sua ultima opera  Nati liquidi. Trasformazioni del terzo millennio.

Nella post-modernità cresce inesorabilmente l’individualismo che naviga spesso isolato nella liquidità del cambiamento e dell’incertezza. Le persone e le relazioni fluttuano precariamente tra la ricerca dell’identificazione di sé e la rielaborazione di una nuova identità sociale. La nostra società così apparentemente evoluta ha accumulato sfiducia, rabbia ed aggressività; per proteggerci purtroppo rischiamo l’isolamento e una progressiva insensibilità che condiziona il ben-essere relazionale collettivo. Le occasioni di crisi e cambiamento della società in atto sono molte e non sappiamo dove porteranno ma auspico la diffusione di un ascolto vero e un dialogo sincero specialmente con i giovani, tutti mossi da un intento comune di collaborare per un futuro migliore.

Le organizzazioni: sistemi dinamici informali tra bottom up e top down!

Durante la formazione come counselor organizzativo ho approfondito il tema delle “Applicazioni sistemiche nel mondo delle organizzazioni”. Vorrei condividere alcune riflessioni.

Nella vita organizzativa si intreccia la complessità di innumerevoli sistemi esterni e interni.

Un sistema (ref Teoria generale dei sistemi -TGS) è una unità intera e unica che consiste di parti in relazione tra loro, tale che l’intero risulta diverso dalla semplice somma delle parti e qualsiasi cambiamento in una di queste influenza la globalità. La comunicazione e quindi la relazione tra persone oltre che tra processi sono requisiti essenziali per l’operatività dei sistemi; inoltre le informazione sulle attività passate restano nel sistema influenzando il futuro. In questo labirinto sociale, come ha teorizzato l’antropologo inglese Gregory Bateson, coesistono due tipi di forze: da un lato quella che spinge a schemi di progressivo antagonismo fino alla possibile rottura; dall’altro quella che sostiene l’adattamento, il compromesso e la coesione sociale. In questo sistema di reazioni contrapposte alla ricerca di un equilibrio dinamico emerge l’importanza dell’apprendimento continuo dal feedback (auto e etero )…se lo ascoltiamo!

Alla base della vitalità relazionale organizzativa esistono alcuni ordini ‘non scritti ma agiti’ che muovono l’energia tra le persone. Ecco i capisaldi: fiducia reciproca, rispetto dell’appartenenza e dell’inclusione, riconoscimento e valorizzazione delle differenze, mantenimento di un equilibrio transazionale dinamico ( dare = ricevere). La fotografia della parte formale non è però sufficiente a comprendere lo stato di salute di questo organismo vivente! Esiste invece un’altra prospettiva profonda e sommersa, invisibile e informale che assorbe le dinamiche di potere e di gruppo, gli influenzamenti, il non detto e il percepito, le credenze e le convinzioni, le reazioni interpersonali. Ho avuto la possibilità di partecipare ad una serie di progetti di ONA ( Organizational Network Analysis), è stupefacente il livello di partecipazione attiva e la possibilità di visualizzare nodi e snodi (nominativi e funzionali) organizzativi, di far emergere reti informali e connessioni reali rispetto a dimensioni come il trust, la collaboration, l’information flow, la competence reference. Alla luce di queste premesse attenzione ad essere troppo ‘agile’ dimenticando le persone!

La fiducia può essere una tassa o un bonus sull’EBTDA. “Our distrust is very expensive” ( Ralph Waldo Emerson)

I vizi delle organizzazioni: luci e ombre del sistema!

Per sviluppare la sostenibilità organizzativa è importante credere veramente nella centralità delle persone e delle relazioni. Come visto nel paragrafo precedente non si può ignorare il potere delle dinamiche organizzative, dei conflitti relazionali e delle contraddizioni sommerse. Credo occorra un profondo ripensamento nelle agende dei Board per includere di diritto una strategia di people care e una valutazione sulla soft diligence. Auspico un nuovo patto onesto e trasparente tra CEO ed HR per valutare gli impatti ‘relazionali’ sugli economics, per alimentare senso e motivazione a ogni livello. Per troppo tempo si è scesi a continui compromessi sull’altare della produttività a scapito del ben-essere e del ben-vivere professionale.

Su quest’ultimo punto ho raccolto negli ultimi anni vari stimoli, ne cito solo alcuni per riflettere insieme:

  • Quello obbligatorio che per legge porta l’organizzazione a promuovere la salute e la sicurezza sul lavoro valutando nello specifico il rischio da stress lavoro correlato (D. Lgs 81/2008).
  • Quello sviluppato dall’ OCSE (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo mondiale) che nel 2011 ha elaborato il BIL (Better life index) affermando che il benessere al lavoro è una priorità cui dare crescente attenzione, i collaboratori cercano significato e senso al lavoro, le aziende devono occuparsi di creare condizioni che supportino la crescita e la realizzazione delle persone.
  • Quello sviluppato dall’ISTAT che nel 2013 ha elaborato il BES (Benessere equo e sostenibile), un indicatore sintetico per misurare malessere e/o benessere in prospettiva sistemica partendo dagli individui fino alle organizzazioni di appartenenza e al paese. Sono metriche che misurano in modo indiscusso l’impatto del benessere e della sostenibilità sulle performance economiche
  • Quello inserito nella strategia Horizon 2020 che ha un obiettivo specifico nella sfida sociale: Salute, evoluzione demografica e benessere (Health, demographic change and wellbeing). Un sogno che consiste nel migliorare la salute e il benessere lungo tutto l’arco della vita di tutti con sistemi di welfare di alta qualità, economicamente sostenibili e innovativi.

Esiste una diretta connessione tra benessere e sostenibilità organizzativa, tra benessere individuale e benessere relazionale nei sistemi organizzativi. Però la sintesi dei risultati di alcune ricerche ci mostra contesti e sistemi confusi che confermano ‘luci e ombre’ con un evidente e persistente ‘gender gap’:

  • Nel 2012 una ricerca di Manageritalia sui Dirigenti del Commercio rilevava che solo il 62% degli uomini e il 53% delle donne si dichiara felice e soddisfatto della vita professionale, solo il 19% aveva fiducia in un miglioramento.
  • Nel 2013 una ricerca della fondazione ISTUD su ‘Benessere e stato di salute del mondo dei servizi’ rileva che ben il 62% si dichiara stressato (di cui 65% donne e 54% uomini).
  • Nel 2014 una ricerca Bocconi su ‘Dirigenti allo specchio’ riporta un sistema bipolare in cui i dirigenti si vedono generosi e aperti (auto percezione 90%) ma per i collaboratori non è vero (etero percezione 50%).
  • Nel 2015 la Ricerca Best place to work su ‘Leadership e Meritocrazia’ registra un gap tra 30/ 40 punti % tra il cluster ‘top 3 best place’ e la media delle aziende italiane partecipanti; le aree critiche sono la valorizzazione delle risorse (56%), la collaborazione (57%), la meritocrazia (41%), la credibilità (37%).
  • Nel 2016 il contesto fotografato da ODM mostra un forte disallineamento tra HR e Management, le persone sono in mezzo al dilemma se rendere più agile l’organizzazione o sviluppare l’engagement? Se supportare i manager a migliorare la gestione delle persone o aumentare la cultura della performance!
  • Nel 2018, ai giorni nostri, i risultati del Meritometro lasciano l’Italia fanalino di coda e registrano un calo sui parametri delle pari opportunità e della qualità dei servizi del sistema educativo. Valori che agevolerebbero l’inclusione e la sostenibilità organizzativa.

Dieci possibili virtù per un best place to live!

In questo complesso scenario ho cercato di ritrovare un filo conduttore virtuoso verso il destino di un ‘best place to live’ che riporti veramente le persone e le loro relazioni al centro del sistema organizzativo per farlo evolvere in modo sostenibile. Credo che ogni manager, eticamente e deontologicamente, a ogni livello, possa prendersi cura della sostenibilità organizzativa assumendo responsabilità sullo sviluppo. Nello stesso tempo promuovo consapevolezza e responsabilità degli individui sulla propria sostenibilità personale potenziando le abilità ‘soft’ 4.0.

Ecco dieci spunti di osservazione, dieci perché rappresenta il numero del miglioramento continuo necessario alla sostenibilità organizzativa. L’organizzazione è al centro, non sopra, non sotto, non di lato ma dal centro può guidare il sistema e le persone con smart leadership.

  1. L’organizzazione è un sistema (Teoria generale dei sistemi: Sistema=stare insieme ), le sue regole presuppongono piena consapevolezza, fiducia e rispetto per l’evoluzione dinamica di tutte le sue parti.
  2. L’organizzazione rispetta gli ordini sistemici alla base cioè appartenenza, rango, equilibrio negli scambi, è etica e promuove il diritto di cittadinanza
  3. L’organizzazione attraversa diverse crisi all’interno di successivi cicli di vita, è importante accogliere il feedback e sostenere un apprendimento esperienziale continuo a ogni livello
  4. L’organizzazione ha bisogno di mobilitare ed organizzare tutte le risorse, così accoglie l’intelligenza collettiva della diversità e sostiene la responsabilità condivisa
  5. L’ organizzazione ascolta attivamente gli attori coinvolti nel cambiamento a tutti i livelli del sistema individuale e aziendale (mente-corpo; sede-periferia; top–bottom), co-crea per-corsi progettuali, include punti di vista e prospettive, integra valori e culture
  6. L’organizzazione formula uno storytelling di senso dei progetti trasformativi e lo comunica affinché le persone lo elaborino e lo accettino (perché « se non lo so fare e se devo farlo forse non lo farò» « se lo so fare e lo comprendo, forse accetto di volerlo fare»)
  7. L’organizzazione rivitalizza il patto informale alla luce dei cambiamenti e si preoccupa di alimentare la partecipazione, supporta la riprogettazione motivazionale delle persone
  8. L’organizzazione riconosce le resistenze e i limiti della ‘comfort zone’, aiuta a sviluppare le competenze necessarie alla sostenibilità organizzativa (hard e soft) perché «se penso di non saper fare qualcosa non la farò»
  9. L’organizzazione testimonia narrazioni di ‘salti fuori dai confini noti’, rende visibili e diffonde esempi trasformativi di creatività, innovazione, resilienza e coraggio
  10. L’organizzazione vuole essere e diventare un “Best place to work and to live” per questo è meritocratica, sviluppa le potenzialità delle persone, promuove il ben-essere relazionale e la sostenibilità organizzativa.

Ci ritroviamo per la quinta tappa a fine ottobre! Non ti perdere la relazione con i valori della consapevolezza….perché tra il dire e il fare …forse puoi trovare nuove pratiche per l’azione!

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