L’intelligenza artificiale è un imperativo per lo sviluppo e il mantenimento della competitività aziendale: parola dei CEO di oltre 500 grandi società – sia italiane sia multinazionali operanti in Italia – che hanno partecipato all’indagine “La realtà dell’intelligenza artificiale” che Sap Italia ha realizzato in collaborazione con The European House-Ambrosetti, per capire come questa nuova tecnologia viene percepita dai manager e come influenzerà i modelli organizzativi.
“Gli esperti di tecnologia e i business leader hanno cominciato a interrogarsi sugli effetti potenziali dell’IA nei loro settori, nelle economie e nella società in generale. Nell’analisi degli scenari, l’approccio più realistico ha condotto a individuare aree di sinergia tra uomo e macchina e ambiti di applicazione in cui alcuni lavori possono essere eseguiti con l’ausilio di tecniche di IA” ha commentato Luisa Arienti, Amministratore Delegato di Sap Italia. “Sfruttare il potenziale delle nuove tecnologie è una priorità per le persone e per le imprese, e chi si occupa di innovazione ha il dovere di aiutarle a coglierne i benefici. Come emerge dalla ricerca, il nostro Paese non è lontano da questa consapevolezza. Uno dei principali obiettivi di Sap è contribuire alla creazione dell’impresa intelligente, anche attraverso la collaborazione virtuosa tra uomo e macchina: solo in questo modo è possibile mettere l’essere umano al centro dell’agire economico, migliorare la vita delle persone e contribuire alla crescita del Paese”.
I CEO alla guida del cambiamento
Quasi 4 rispondenti su 5 (il 77% degli intervistati) ritengono l’intelligenza artificiale un fattore importante o molto importante per il proprio business, importanza che cresce all’aumentare delle dimensioni aziendali, e quindi del grado di complessità da gestire. Tuttavia il 51.2% dei business leader afferma che all’interno della propria azienda non c’è ancora chiarezza su cosa sia concretamente l’intelligenza artificiale. Questa disomogeneità nel grado di consapevolezza rischia di rallentare e rendere più complesso il graduale processo di implementazione dell’IA nelle diverse funzioni e attività aziendali. La prima evidenza emersa dalla ricerca è quindi la necessità di un approccio “top-down” in cui i CEO avranno un ruolo guida nella promozione del cambiamento dal punto vista culturale, strategico e organizzativo.
L’impatto dell’IA sull’organizzazione aziendale
L’82.9% del campione ritiene che il ripensamento di priorità, compiti e responsabilità riguardi, in prima battuta, i responsabili dell’area innovazione tecnologico-digitale, ossia il Chief Innovation Officer (CIO), il Chief Technology Officer (CTO) e il Chief Digital Officer (CDO). Solo un terzo (33%) dei CEO ritiene di essere interessato da un cambiamento sostanziale: emerge quindi la percezione di una netta separazione tra la dimensione strategica e quella operativo-gestionale, con i capi d’azienda che tenderebbero a “delegare” la gestione degli aspetti legati allo sviluppo dell’IA ai responsabili delle aree di innovazione e tecnologia. Questo approccio esporrebbe le organizzazioni a una visone di breve termine sull’intelligenza artificiale. Per garantire la sostenibilità e la competitività del business nel medio-lungo termine è invece necessario che l’integrazione dell’IA sia prerogativa dei vertici dell’azienda, con il compito di favorire la comprensione della portata delle sfide e delle opportunità legate a questa tecnologia.
“L’arrivo massiccio dell’intelligenza artificiale nell’operatività delle aziende imporrà cambiamenti radicali per come l’azienda dovrà essere organizzata e per i ruoli e le mansioni che dovranno essere svolti” ha dichiarato Paolo Borzatta, Senior Partner The European House-Ambrosetti. “Per affrontarli occorre che i CEO interiorizzino comportamenti simbiotici con l’IA nell’azienda sia per il loro ruolo che per disegnare quello dei collaboratori”.
Gli investimenti saranno orientati prevalentemente allo sviluppo di nuovi servizi e prodotti e al raggiungimento di una maggiore efficienza produttiva; permane scetticismo sull’applicazione dell’IA nelle aree di amministrazione, finanza e controllo (33.3%), strategia (26.8%) e risorse umane (14.3%). Perché l’IA impatti su tutte le aree funzionali dell’azienda non è necessario che il CEO diventi un esperto di tecnologia, ma che acquisisca gli elementi necessari per comprendere le implicazioni strategiche in ambito aziendale e per governare l’evoluzione in atto. Il rischio è che le imprese sottovalutino le opportunità offerte dall’intelligenza artificiale, trattandola come uno strumento adatto esclusivamente all’automazione dei processi produttivi. L’interazione tra essere umano e macchina può invece favorire anche il supporto dei processi decisionali, rendendo l’IA applicabile sia alle funzioni di front-office sia a quelle di back-office.
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