Nuove modalità di lavoro, nuove modalità di gestione delle persone e delle relazioni interne. Ne abbiamo parlato tanto – forse troppo – durante il 2020, oggi facciamo il punto della situazione per capire in quale direzione si muoverà lo smart change management in questi primi mesi del 2021.
Per farlo prendiamo le mosse da un’indagine svolta tra dicembre e metà gennaio scorsi dal broker assicurativo indipendente Mansutti su un campione rappresentativo di più di 30 imprese, la maggior parte delle quali con più di 50 dipendenti.
Dalla ricerca è emerso che il 60% del campione continuerà a far ricorso allo smart working in percentuali non superiori al 20% della forza lavoro, e che la metà dei titolari d’impresa non conosce esattamente le forme e le modalità attraverso cui contrattualizzare e regolarizzare il lavoro agile. Per quanto riguarda il supporto offerto ai dipendenti, il 77% delle aziende ha fornito loro strumenti idonei all’home working, mentre circa un quarto dei rispondenti ha dichiarato di aver verificato gli spazi di lavoro, la connessione di rete e di aver avviato attività di formazione ad hoc. Lato sicurezza, benché la consapevolezza dei rischi legati alla gestione e all’utilizzo dei dati in questo periodo sia diffusa, solo il 36% delle imprese ha implementato misure di protezione idonee. Infine, il 56,7% degli intervistati ritiene ancora che l’home working sia uno svantaggio, con i titolari d’azienda che vedono nella flessibilità lavorativa la causa di carichi di lavoro aumentati.
Smart change management: 6 azioni da cui partire
Prendendo le mosse dai dati raccolti, Mansutti suggerisce 6 azioni che non possono mancare nei piani di smart change management delle aziende:
- verifica della contrattualistica assicurativa in atto, mappatura e trasferimento dei rischi;
- negoziazione e redazione di accordi di smart working collettivi e individuali;
- assessment e implementazioni in ambito data protection e cyber security;
- analisi degli spazi e relative destinazioni d’uso per produrre proposte progettuali inerenti lo smart working;
- elaborazione di un piano di business continuity strutturato da aggiornare ogni anno;
- coordinamento di tutte le attività dedicate ai lavoratori (formazione, comunicazione interna ed esterna, azioni di change management) per realizzare e supportare l’evoluzione culturale e organizzativa dell’azienda.
«Tra le altre cose, con il passaggio dal remote working al ritorno in ufficio, dovranno essere valutate tutte le varie implicazioni che questa fase genererà» ha concluso Tomaso Mansutti, amministratore delegato di Mansutti Spa. «Sarà sempre più necessario il coinvolgimento di professionisti di business continuity, risk management e di tutte le funzioni preposte alla sicurezza aziendale, per aggiornare e mettere in pratica piani di risposta che facilitino la transizione verso la nuova normalità».
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