Per la maggior parte di noi, il lavoro alla scrivania dell’ufficio durante un orario stabilito è ormai solo un lontano ricordo, forse addirittura preistoria. In questo periodo, per i più fortunati, non è più la vita privata ad adattarsi al lavoro ma quest’ultimo ad armonizzarsi ai ritmi della quotidianità, modificando l’organizzazione e la gestione delle attività professionali.
In un recente articolo pubblicato sul sito di Monster, Valerio Sordilli ha sottolineato proprio la necessità di ripensare la tradizionale struttura della settimana lavorativa e il metodo di lavoro seguito, nonché le modalità con cui finora abbiamo valutato le performance lavorative.
Dalle ore di lavoro ai risultati ottenuti
Secondo un’indagine Adecco citata da Sordilli, il nuovo contesto sta portando un numero crescente di lavoratori ad adattare sempre di più la propria giornata di lavoro agli impegni e alle esigenze della vita privata, con il 74% dei dirigenti che ormai si dichiara d’accordo nel focalizzare l’attenzione non più sulle ore trascorse al PC ma sui risultati ottenuti per l’azienda.
Il focus, in futuro, potrebbe allora non essere altro che la qualità del lavoro svolto, con una conseguente perdita di significato di concetti come settimana lavorativa, ferie, permessi e congedi. Lavoro flessibile significa anche questo: dire addio a parole come presentismo e assenteismo, e fondare le nostre valutazioni solo su qualità, efficienza e rispetto di tempistiche e scadenze.
E imparare a riconoscere il diritto e la libertà di ciascun lavoratore di ritagliarsi del tempo di riposo (flexible paid time off) dal lavoro, una volta raggiunti i risultati e gli obiettivi che si è prefissato o che gli sono stati affidati. Siamo pronti per questa trasformazione?
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