L’approccio human first dell’intelligenza artificiale etica

intelligenza artificiale eticaIl dibattito sull’intelligenza artificiale e le sue implicazioni nella vita quotidiana riscuote un notevole interesse. Ed è giusto che sia così. Come l’evoluzione naturale, anche lo sviluppo tecnologico è in continuo mutamento, miglioramento, crescita. A differenza dei fenomeni naturali, però, il progresso e la tecnologia sono mossi dall’uomo, ed è quindi nostra responsabilità averne il controllo e lavorare a uno sviluppo che sia in linea con le regole della società civile.

La storia ci ha insegnato che non è sempre facile, o logico, sfruttare le doti intellettuali che ci differenziano dalle altre specie in modo virtuoso, ma il rapporto con la tecnologia ha avuto, ha e avrà sempre di più un impatto forte, quasi invasivo, nella vita delle persone. Per questo non si può in alcun modo prescindere non solo da un uso, ma soprattutto da uno sviluppo consapevole dell’intelligenza artificiale e delle sue applicazioni concrete.

A livello internazionale e politico ci si sta già interrogando sul rapporto tra AI ed etica: un tema fondamentale che, affrontato seriamente, ci permetterà di beneficiare soprattutto del buono che questa tecnologia può e potrà darci.

Linee guida e politiche internazionali

Risale al 2018 il primo impegno dell’Unione Europea nel definire le linee guida che intendono sancire un approccio etico all’intelligenza artificiale. In sostanza, la Commissione Europea si è impegnata a varare un Codice Etico per assicurare il massimo rispetto di alcuni diritti fondamentali nell’applicazione e nello sviluppo dell’AI.

La centralità dell’uomo è il punto di partenza di tutta la discussione, affinché l’intelligenza artificiale sia messa al servizio del bene comune per migliorare il benessere e garantire la libertà. Etica, quindi, significa anche affidabile e, per poter rispettare questi requisiti, i diritti su cui si fonda sono: il rispetto per l’integrità fisico-morale della persona, la libertà dell’individuo, il rispetto per la democrazia, la giustizia e la legge, l’uguaglianza, l’assenza di discriminazioni e la solidarietà, l’attenzione ai diritti dei cittadini.

Più recente è invece il Global Partnership on Artificial Intelligence (GPAI), che scavalca i confini europei e coinvolge 14 Paesi a livello mondiale, e che è sempre aperto a nuove adesioni. L’Italia in questo caso è stata tra i primi firmatari del patto e ha sottolineato il ruolo decisivo dell’intelligenza artificiale nel nostro futuro. Anche il GPAI nasce dalla consapevolezza che lo sviluppo tecnologico non deve mai discostarsi dalla sua connotazione umana.

Questa grande attenzione internazionale sul tema non elimina di certo le posizioni contrarie o le correnti più scettiche rispetto alle future implicazioni dell’AI nei più svariati ambiti, ma certamente sta dando un segnale forte dell’indirizzo che studiosi, esperti, politici e anche cittadini vogliono dare allo sviluppo e al progresso tecnologico. E la strada è proprio quella della sicurezza, della trasparenza e della responsabilità. Bisogna riporre fiducia in questa visione e nell’impegno che su più fronti si sta spendendo verso il benessere sociale e ambientale, grazie all’intelligenza artificiale.

Intelligenza artificiale e vita quotidiana

È chiaro che, parlando di intelligenza artificiale, non ci stiamo confrontando con una novità assoluta. Gli studi, gli algoritmi, le prime programmazioni hanno già una loro storia consolidata, che nasce con il primo esempio di calcolatore. Il motivo per cui se ne parla con sempre maggiore insistenza ha a che fare soprattutto con la velocità di evoluzione di questa tecnologia e con le implicazioni sempre più strette con la nostra vita quotidiana. Non solo in termini di attività svolte dalle macchine, ma del rapporto che si instaura tra uomo e intelligenza artificiale.

Facciamo un piccolo passo indietro per capire meglio da dove nasce questo rapporto e perché l’evoluzione sta andando in una direzione sempre più interessante. La primissima intelligenza artificiale, quella definita debole, è – oggi lo possiamo dire – la semplice programmazione di un algoritmo in grado di elaborare velocemente, infinitamente più velocemente del cervello umano, una grande quantità di dati; questo permette alla macchina di svolgere un’azione specifica, uno specifico comando impostato dall’uomo. Oggi questi modelli esistono ancora e sono sempre più sofisticati, ma l’intelligenza artificiale su cui si gioca la sfida del futuro è la cosiddetta forte, ovvero quella tecnologia tanto intelligente da essere capace di apprendere, di migliorarsi grazie all’interazione con ciò che la circonda e non solo con chi la programma, di spingersi fino al limite dei sentimenti e delle emozioni.

È evidente che questo incredibile progresso non può che avere un impatto dirompente sulla vita delle persone. Chiunque abbia accesso a Internet, ai social network, a strumenti di domotica, ad automobili di ultima generazione è in contatto con l’intelligenza artificiale, comunica con l’intelligenza artificiale, insegna con il suo linguaggio e con il suo comportamento ogni giorno milioni di nuove informazioni che l’intelligenza artificiale fa sue, elabora e sviluppa a favore di un’interazione successiva.

Intelligenza artificiale e lavoro

Quello del lavoro è uno degli ambiti più dibattuti in tema di applicazioni dell’intelligenza artificiale. C’è un senso di scetticismo, poca informazione e, soprattutto, tantissima diffidenza da parte di chi “subisce” l’impatto dell’AI nell’automazione e nell’automatizzazione dei processi: i lavoratori in generale, chi svolge delle attività ripetitive e facilmente replicabili da una macchina in particolare, ma anche potenziali candidati in un processo di selezione.

È innegabile che negli anni migliaia di posti di lavoro siano stati sostituiti da macchine programmate con intelligenza artificiale, ma altrettante, o forse di più, sono le nuove occupazioni che questa tecnologia ha creato e che creerà ancora in breve tempo. A sparire sono e saranno lavori usuranti e alienanti, mentre a nascere saranno professioni altamente qualificate con un livello di competitività molto alta.

Per avere un paragone concreto, secondo uno studio del World Economic Forum entro il 2022 saranno automatizzati 75 milioni di professioni, ma ben 133 milioni saranno le nuove posizioni lavorative che si creeranno grazie all’impatto delle nuove tecnologie.

Qui siamo di fronte a una grande opportunità, che va vissuta come tale. Non si può vivere con il timore che le macchine prendano il sopravvento e sostituiscano l’uomo, rendendolo obsoleto nel mondo del lavoro: non è questo il punto.

L’intelligenza artificiale, la sua applicazione consapevole, le possibilità che le nuove tecnologie stanno generando avranno una ricaduta positiva nel mercato del lavoro, ma ci sarà bisogno di risorse con le giuste competenze. Ecco che anche il ruolo delle Risorse Umane sarà determinante e già adesso si sta ragionando in termini di talento, di come attrarre i candidati migliori. La selezione e il lavoro dell’HR è avere la persona giusta al posto giusto, ma per il candidato è altrettanto importante trovare il lavoro più adatto al proprio profilo. Questo è possibile oggi con l’intelligenza artificiale, grazie a sistemi che lavorano proprio su algoritmi di deep learning. Anche in questo frangente emerge il lato etico dell’AI che favorisce il candidato in una ricerca puntuale della migliore soluzione e lo aiuta a far emergere le sempre più richieste soft skill.

L’uomo al centro di tutto

Abbiamo iniziato dicendo quanto l’etica applicata all’intelligenza artificiale abbia come nucleo centrale l’uomo e così voglio concludere, per fissare un concetto che fa la differenza in tema di tecnologia.

Innanzitutto va detto che senza l’uomo l’intelligenza artificiale non potrebbe nemmeno esistere, e va ribadito che l’AI apprende e migliora grazie all’interazione con l’uomo. Questo basterebbe a riconoscere la centralità del fattore umano nello sviluppo dell’intelligenza artificiale.

In realtà, però, il concetto è molto più profondo di così. Quando pensiamo agli scenari che ci aspettano e in cui l’intelligenza artificiale è protagonista, dobbiamo pensare innanzitutto che si parte da un bisogno dell’uomo o da un problema che l’uomo ha bisogno di risolvere. Proviamo a pensare alla medicina e alle tecniche rivoluzionarie che possono migliorare le nostre aspettative di vita e la qualità della nostra vita.

I mesi appena trascorsi, poi, ci hanno dato una visione molto chiara di quanto tecnologie evolute possano esserci di supporto nell’affrontare situazioni assolutamente fuori dall’ordinario e di difficile gestione se non ci si sforza di cambiare punto di vista, approccio, mentalità e anche strumenti a nostra disposizione.

Sicurezza dei dati, privacy, diritti dell’uomo, responsabilità civile sono i temi ricorrenti e sono proprio i temi che fanno emergere la centralità dell’uomo. È l’uomo a scegliere come e quando applicare un certo tipo di tecnologia a un ambito della vita umana.

Nelle organizzazioni, nel lavoro, nella vita pubblica e anche nell’intelligenza artificiale, l’uomo è al centro di tutto. Dobbiamo essere responsabili, consapevoli, ma anche fiduciosi.

Andrea Pedrini
Country Manager CleverConnect Italia

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