Fronte comune contro il digital divide

digital divideIn questi mesi le nostre vite, attività e relazioni si sono svolte prevalentemente online, rendendo più che mai fondamentale poter contare su strumenti digitali adeguati e su un accesso a internet senza limitazioni di sorta. Così facendo, il Covid-19 ci ha posti di fronte a uno dei punti deboli delle nostre società a livello globale: il digital divide.

La pandemia si è infatti rivelata un vero e proprio detonatore delle disparità e delle difficoltà connesse all’esclusione digitale, che in una situazione come quella attuale comporta una seria condizione di emarginazione da servizi pubblici e informazioni sanitarie essenziali.

Per avere un quadro completo sul tema, il Capgemini Research Institute ha realizzato il report The Great Digital Divide. Why bringing the digitally excluded online should be a global priority, frutto di un’indagine che ha coinvolto più di 5.000 persone residenti in Francia, Germania, India, Svezia, Regno Unito e Stati Uniti, svolta tra dicembre 2019 e febbraio 2020.

Digital divide, un problema da risolvere al più presto

Come già accennato in apertura, pandemia e lockdown hanno aggravato le già difficili condizioni di tutti coloro che, ancor oggi, non possono contare su un livello base di inclusione digitale, con un conseguente e ovvio impatto negativo sulla loro vita privata e professionale.

Consideriamo innanzitutto l’esclusione sociale e l’impossibilità di accedere ai servizi pubblici. Secondo quanto rilevato da Capgemini, la mancanza di connettività può portare a sentimenti di isolamento, inadeguatezza o solitudine; inoltre, data la crescente digitalizzazione dei servizi pubblici, il 34% degli intervistati offline ha dichiarato che avrebbe bisogno di internet per richiedere sussidi e assistenza.

Per quanto riguarda invece la dimensione professionale e lavorativa, oltre a rendere difficili – se non impossibili – le candidature online, il digital divide limita fortemente la mobilità professionale e le opportunità di carriera. L’indagine ha rilevato una convinzione diffusa (44%) circa la possibilità di trovare un lavoro più remunerativo e accrescere la propria formazione grazie a internet, con il 29% dei rispondenti offline che ha espresso chiaramente il desiderio di poter cercare e rispondere a offerte di lavoro online (toccando quota 41% nella fascia d’età compresa tra i 22 e i 36 anni).

Sul fronte dell’apprendimento e del miglioramento delle competenze digitali, il 40% delle persone ha individuato in essi un’opportunità di accrescere il proprio livello di istruzione e trovare un lavoro ben retribuito, il 34% la possibilità di offrire ai figli maggiori opportunità e il 32% di ottenere benefici pubblici di cui attualmente non può usufruire.

Aziende e istituzioni pubbliche possono (e devono) cooperare

Per colmare questo gap è fondamentale un lavoro di squadra che coinvolga aziende e istituzioni pubbliche lungo un percorso che, secondo Capgemini, riguarda essenzialmente 4 aree chiave:

  • digital literacy – offrire un supporto significativo per consentire ai soggetti digitalmente esclusi di avere maggiore autonomia nell’accesso ai servizi online pubblici e privati e sbloccare nuove opportunità;
  • digital academies – favorire l’accesso al mercato del lavoro per le fasce di popolazione svantaggiate e per le persone escluse dal mercato del lavoro attraverso la formazione di competenze digitali;
  • technology for positive futures – riunire tecnologia, business e società per risolvere i principali problemi della collettività e fornire un impatto positivo attraverso tecnologie all’avanguardia;
  • thought leadership – collaborare con think tank ed enti culturali e cooperare con clienti, ONG partner, enti pubblici e accademici per continuare a guidare l’impatto delle iniziative di inclusione digitale.

«Il Covid-19 avrà probabilmente un impatto duraturo sull’accesso ai servizi pubblici e sull’atteggiamento nei confronti di opportunità come il lavoro da remoto, quindi le aziende che lavorano per superare il digital divide e creare un cambiamento di lungo periodo, e non una soluzione temporanea, hanno una responsabilità a livello collettivo» ha commentato Alessandra Miata, HR Director e CSR Head di Capgemini Business Unit Italy. «Sulla scia di questa pandemia, ci aspettiamo che il digital divide venga colmato. Per esempio, le persone anziane che non hanno mai sentito il bisogno di un accesso al mondo digitale si troveranno rapidamente a dover utilizzare gli strumenti digitali per le interazioni sociali o per l’acquisto di beni. Tuttavia, in questo caso si tratta di soggetti che hanno la possibilità di accedere a internet e che precedentemente hanno scelto di non farlo. L’impatto sarà maggiore tra le fasce di popolazione che ancora non possono utilizzare i servizi online, sia per via dei costi sia per la mancanza di una infrastruttura locale. Ci sarà un effetto polarizzante, soprattutto per chi già vive o rientra nella soglia di povertà».

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