L’automazione e l’intelligenza artificiale (AI) stanno trasformando il business delle aziende di tutto il mondo e contribuiranno alla loro futura crescita economica. Queste tecnologie non solo permetteranno loro di cogliere nuove opportunità e fronteggiare le sempre più pressanti richieste dei clienti, ma trasformeranno la natura stessa del lavoro e dei luoghi da dove ci connetteremo.A livello di economia globale, l’aumento della produttività generato dall’automazione comporterà una crescita compresa tra lo 0.8% e l’1.4%, benefici che saranno particolarmente consistenti a livello di micro-economia per alcuni Paesi come il nostro, dove sta crescendo la necessità di colmare lo squilibrio dovuto alla progressiva riduzione della popolazione in età lavorativa, a causa dell’invecchiamento demografico.
Alcuni vivono l’avvento dell’era dell’AI, del machine learning e dell’automazione in generale come una minaccia, proprio per il grande potenziale di disruption che queste tecnologie implicano. La paura atavica che ci accompagna fin dall’avvento dell’era industriale è che, in un tempo sempre meno remoto, le macchine ci sostituiscano completamente nel lavoro, o addirittura si impadroniscano del mondo, come in un film di fantascienza. La realtà è che già oggi molte macchine sono in grado di eseguire più compiti di quelli svolti dagli umani, completare il lavoro delle persone arricchendolo e migliorandone la qualità e, a volte, persino svolgere alcuni compiti che vanno al di là di ciò che gli esseri umani per loro natura possono fare. Di conseguenza, è evidente che alcune occupazioni saranno sostituite, altre evolveranno, cambieranno radicalmente e, infine, nasceranno nuove opportunità e professioni.
In realtà, solo il 5% circa delle occupazioni oggi potrebbe essere completamente automatizzato con le tecnologie disponibili. Molti lavori, infatti, comprendono compiti che possono essere automatizzati solo in parte e altri completamente non automatizzabili. Secondo McKinsey è credibile affermare che circa il 30% delle attività relative al 60% di tutte le occupazioni potrebbe essere automatizzato, anche se in qualche modo tutte le occupazioni saranno influenzate da tale automazione.
Skilling e reskilling
Nei prossimi anni la sfida principale per le aziende sarà quella di riuscire ad adattare l’organizzazione, i processi, i modelli operativi e la gestione delle risorse per affrontare questo scenario in trasformazione. Secondo i dati OCSE, l’Italia è agli ultimi posti sia per occupazione senior – cioè dai 50 ai 64 anni – sia per occupazione giovanile, cioè dai 15 ai 24 anni; dati preoccupanti, che confermano la necessità di formare con urgenza i lavoratori più anziani sulle tecnologie emergenti e preparare i giovani alle nuove professioni.
Skilling e reskilling rappresentano infatti un problema fondamentale per lo sviluppo dell’economia odierna, soprattutto nel nostro Paese. È vero, infatti, che l’automazione e l’intelligenza artificiale possono accelerare la crescita del Paese, ma è altrettanto evidente che, mancando le competenze, non riusciremo a sfruttare questa opportunità.
Anche nel mondo della cyber security, nel quale opero, la carenza di competenze tecniche rappresenta oggi un problema serio. Un’indagine dell’Unione Europea (dati Cedefop) ha messo in evidenza cifre preoccupanti: entro il 2020 in Italia saranno circa 135.000 i posti di lavoro vacanti in ambito ICT. Una situazione come questa richiede un intervento urgente rispetto al quale solo una solida combinazione di investimenti, risorse aziendali, volontà politica e cambiamento culturale potrà fare la differenza. Proprio a questo scopo, durante l’ultimo World Economic Forum di Davos, è stato lanciato il progetto IT Industry Skills Initiative, volto a trovare una risposta a come colmare il gap di competenze e affrontare il dislocamento occupazionale derivante dall’automazione e dalla quarta rivoluzione industriale. L’iniziativa è impegnata a raggiungere 1 milione di persone con risorse e opportunità di formazione sul portale SkillSET entro gennaio 2021.
Le nuove opportunità
Guardando al futuro, intravedo però uno spiraglio positivo: se il presente è tutt’altro che roseo, non è detto che il futuro lo sarà altrettanto. Il mondo del lavoro si sta profondamente trasformando, e nei prossimi anni saranno proprio i settori a più elevato contenuto tecnologico quelli destinati a offrire le maggiori opportunità di impiego.
Secondo le proiezioni di Deloitte, nel 2025 i Millennials rappresenteranno circa il 75% della popolazione attiva, mentre anche la generazione Z inizia ad affacciarsi sul mondo del lavoro con grande entusiasmo. Si tratta di nuove generazioni a proprio agio con le tecnologie, nati “nel cloud”, ai quali sarà necessario saper offrire la preparazione idonea per affrontare un mondo in evoluzione, in modo che possano realmente dimostrarsi una risorsa fondamentale per contribuire al processo di trasformazione.
A loro bisogna spiegare come prepararsi alle professioni del futuro; come diventare esperti di cyber security, di blockchain e data scientist, per citare i tre principali lavori del futuro che saranno sempre più richiesti dalle aziende italiane nei prossimi cinque anni (InTribe – Youth For Future). Si tratta di una responsabilità della quale le aziende che si occupano di tecnologia devono sapersi fare portatrici, anche in Italia.
Maurizio Desiderio, Country Manager di F5 Networks
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