I risultati del secondo rapporto Censis-Eudaimon, presentato il 30 gennaio a Roma presso la Sala Zuccari del Senato, delineano uno scenario in cui il mercato del lavoro nel nostro Paese continua ad essere caratterizzato da criticità in ambito di occupazione, retribuzione e qualità della vita in azienda.
L’occupazione in Italia non cresce ma invecchia
Il primo dato che salta all’occhio è che il nostro Paese crea meno occupazione rispetto agli altri Stati europei: nel decennio 2007-2017 il numero di occupati in Italia è diminuito dello 0,3%, con l’aggravante che la quota di posti di lavoro disponibili decresce proprio là dove già se ne trovano in misura minore – al Sud.
Al contempo si registra un invecchiamento diffuso della forza lavoro: mentre nel 1997 la percentuale di occupati tra i 15 e i 34 anni era pari al 39,6%, nel 2017 questi sono scesi al 22,1%, mentre i lavoratori dai cinquant’anni in su sono passati dal 10,8% al 20,4%. Millennials e lavoratori “anziani” si dividono inoltre le aree di impiego: i primi sono maggiormente attivi nella ristorazione (39%) e nel commercio (27,7%), mentre i secondi sono presenti in particolare nella PA (31,6%), nell’istruzione, nella sanità e nei servizi sociali (29,6%).
Retribuzione e carico di lavoro, gli squilibri aumentano
Altro dato critico è quello registrato sul fronte retribuzione, rispetto al quale è stato rilevato che gli stipendi da lavoro dipendente degli impiegati sono sempre più schiacciati su quelli degli operai e sempre più distanti da quelli dei dirigenti. A questo si è aggiunto, negli ultimi anni, un carico di lavoro maggiore, con 2,1 milioni di lavoratori dipendenti che svolgono turni di notte, 4 milioni che lavorano di domenica e nei giorni festivi, 4,1 milioni che proseguono le loro attività da casa oltre l’orario di lavoro e 4,8 milioni che non ricevono il pagamento per gli straordinari.
La conseguenza di questa situazione è ovviamente l’incremento di condizioni patologiche come stress, mancanza di tempo da dedicare a sé stessi, situazioni di contrasto e tensione in famiglia.
Il welfare aziendale come àncora di salvezza
In presenza di così numerosi fattori critici per il benessere dei lavoratori, il welfare aziendale gioca un ruolo importante. Secondo un’indagine svolta su un campione di 7.000 lavoratori che beneficiano di tali servizi, le valutazioni positive raggiungono quota 80% (56% ottima, 24% buona). Tra le opzioni più richieste troviamo la tutela della salute (42,5%), il supporto per la famiglia (37,8%), le misure di integrazione del potere d’acquisto (34,5%), i servizi per il tempo libero (27,3%) e per gestire meglio il proprio tempo (26,5%), la consulenza e il supporto per lo smart working (23,3%).
“La ricerca condotta dal Censis con Eudaimon” ha commentato Alberto Perfumo, amministratore delegato di Eudaimon, “evidenzia – un po’ a sorpresa rispetto al pessimismo dilagante – che ci sono le condizioni migliori per fare del welfare aziendale la leva con cui coinvolgere i collaboratori, far convergere i loro interessi con quelli dell’impresa e creare una comunità al lavoro. Si può andare molto al di là dei risparmi fiscali e puntare dritti a più produttività e più benessere“.
COMMENTI