Abbiamo aspettato. Abbiamo lasciato che il culmine dell’emergenza facesse il suo corso. E nel frattempo abbiamo offerto il nostro aiuto, come meglio potevamo.
Tutti i lavoratori italiani che non ricoprivano ruoli operativi hanno forzatamente sperimentato lo smart working nelle ultime settimane. Per qualcuno è stato un successo, per altri un disastro. Ci siamo chiesti: come mai? E abbiamo capito che in Italia i team non sono ancora pronti per collaborare da remoto. Vi spieghiamo perché.
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I primi giorni
I primi giorni dopo che l’emergenza è scoppiata siamo stati in silenzio agendo da spettatori. Non perché la situazione non ci toccasse, anzi, ma circolavano così tante informazioni, articoli e vademecum sui migliori modi per lavorare da remoto che mettere ulteriore carne al fuoco ci sembrava poco utile e dispersivo.
Dopo qualche giorno di osservazione ci siamo attivati preparando una breve survey per capire come stessero reagendo i lavoratori delle aziende italiane allo smart working. Abbiamo raccolto qualche risposta ed ecco le più significative, quelle che ci hanno fatto più riflettere.
Da un lato:
- “Ho avuto modo di essere meno dispersiva nella comunicazione interna con i colleghi”;
- “Con la corretta organizzazione da parte dell’azienda e il giusto approccio mentale sia da parte dei responsabili che dei dipendenti, lo smart working si sta rivelando più produttivo del lavoro in sede”;
- “Flessibilità, libertà e attenzione agli obiettivi“.
Dall’altro:
- “La mia esperienza è stata positiva, ma ho notato un’eccessiva attività di controllo da parte del responsabile dell’ufficio, che non si è dimostrato ancora al 100% pronto per gestire un ufficio in smart working”
- “Devo perseguire i miei obiettivi senza farmi distrarre dalle urgenze quotidiane“;
- “Si lavora meglio senza figli in casa”.
Grazie a questa survey abbiamo compreso ciò che realmente serviva alle aziende e ai lavoratori italiani in termini di buone pratiche in questo momento delicato. Come potevamo mettere a disposizione la nostra esperienza in modo efficace e aiutare queste persone?
I passi successivi
Da qui l’idea di mettere a disposizione il nostro tempo e la nostra esperienza gratuitamente a chi ne facesse richiesta. I giorni successivi all’attuazione della “task force” sono stati ricchi di richieste e noi ci siamo messi al lavoro.
Ci siamo confrontati con singoli, team e aziende in difficoltà dove emergevano problematiche comuni:
- la gestione delle priorità e della mole di lavoro;
- l’eccessivo controllo del capo e delle attività lavorative dei singoli;
- l’assenza di momenti di disconnessione.
Sicuramente l’emergenza e l’attuazione improvvisa e improvvisata dello smart working non ha aiutato. Le problematiche già esistenti si sono acutizzate con questa modalità e i dipendenti, nella maggior parte dei casi, sono quelli che ne stanno pagando le conseguenze più di tutti.
Sfruttiamo l’esperienza
Buona o pessima che sia stata, è il momento di sfruttare a nostro vantaggio l’esperienza vissuta. Una volta che tutto tornerà gradualmente alla normalità, fate che ciò avvenga nel modo più costruttivo possibile. Come? Preparandovi. Cristallizzate queste settimane di smart working riflettendo sul momento vissuto, su ciò che è andato bene, ciò che è andato male e ciò che avete imparato. Fatelo con tutto il vostro team, non da soli.
È il momento di pensare alla ripartenza e di sfruttare questo momento per ritornare migliori di prima, più efficaci e più competitivi. Implementate lo smart working in azienda, questa volta però con i giusti presupposti e principi. Attenzione, si tratta di un percorso complesso e che richiede tempo, non abbiate fretta. L’esperienza ce lo ha appena insegnato.
I nostri consigli
Mai come ora dobbiamo modificare il nostro mindset, e l’unico modo per farlo è passare ad un approccio agile. Il focus devono diventare il lavoro di team, la flessibilità e la collaborazione, non più i costi, gli scopi e i tempi. Cominciate passando dal concetto di progetto a quello di ciclo, così composto: pianificazione, progettazione, costruzione, realizzazione/test e revisione.
Entrate in un’ottica differente, dove il ciclo rigetta il classico progetto tradizionale ed è ciò che ci permette di migliorarci e adattarci a nuove situazioni e sfide, senza rischiare di rimanere incastrati in vecchi e rigidi paradigmi.
Per spiegarci meglio, immaginate tanti mattoncini che nel nostro caso rappresentano le informazioni e le conoscenze acquisite grazie a un determinato ciclo. Più cicli portiamo avanti e concludiamo, più mattoncini acquisiamo. I nuovi mattoncini ci permetteranno di affrontare il nuovo ciclo in modo sempre più flessibile ed efficace rispetto a quello precedente.
Il valore di un ciclo è quello di tradurre l’esperienza vissuta in conoscenza, sulla base della quale costruire il ciclo successivo. Questo è il vero valore di un ciclo.
In questo momento ci troviamo verso la fine del primo ciclo: a causa del Coronavirus le aziende non hanno potuto pianificare anticipatamente l’attuazione di queste fasi, ritrovandosi ad affrontarle in emergenza. Il primo ciclo viene così rappresentato:
- Plan – nessuna pianificazione;
- Design – nessuna progettazione;
- Build – comunicazione secondo indicazioni Dpcm 23/02, 25/02 e 1/03;
- Test – sperimentazione del lavoro agile fino al termine dell’emergenza acuta;
- Review – effettuare una retrospettiva sull’esperienza.
Ciò che possiamo fare adesso è affrontare la fase di retrospettiva, e quindi l’ultima parte del primo ciclo, in modo consapevole. Fare quindi una review su come sia andata l’esperienza di lavoro agile fino ad ora, tenendo conto delle circostanze eccezionali, e iniziare a programmare i passi successivi.
A questo punto entra in gioco il secondo ciclo:
- Plan – compilate lo Smartworking Canvas per comprendere e delineare le sfide e i benefici del progetto di smart working;
- Design – progettate i destinatari, le azioni concrete future e la comunicazione interna;
- Build – preparate il regolamento di lavoro agile a tempo determinato;
- Test – sperimentate il lavoro agile per qualche mese (da 4 a 6 mesi);
- Review – fate retrospettiva durante la sperimentazione e alla fine di questa per capire ciò che funziona e ciò che invece necessita di essere rivisto.
Articolo a cura di Smartworking srl
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