Parità e work-life balance, la lunga marcia delle donne

work-life balance femminileCorreva l’anno 1985 quando Annie Lennox e Aretha Franklin lanciarono il duetto Sisters Are Doin’ It for Themselves, un evergreen per lavoratrici e imprenditrici italiane, che dovrebbero canticchiarlo più spesso sul posto di lavoro. Provocazione estiva? Non esattamente, se si considera la strada che ancora ci resta da percorrere in materia di strumenti e servizi per il work-life balance femminile.

A tal proposito possiamo citare la ricerca Una sfida quotidiana, un equilibrio instabile. La conciliazione famiglia-lavoro per le imprenditrici del terziario in provincia di Varese, realizzata dal Laboratorio Percorsi di secondo welfare con l’obiettivo di indagare l’offerta di servizi per la famiglia e il work-life balance presenti in un contesto “privilegiato” come quello della provincia di Varese, comprendere i carichi di cura delle imprenditrici associate a Terziario Donna Varese e valutare il loro grado di soddisfazione rispetto alla possibilità di trovare un equilibrio tra vita familiare e professionale.

Il work-life balance in Italia è merce rara

Soffermiamoci sul quadro generale: stando a quanto riportato dai ricercatori che hanno curato l’indagine, benché l’occupazione femminile in Italia risulti in crescita, ad oggi non raggiunge ancora quota 50%. E non è tutto: mentre in Europa si investe mediamente il 2,4% del PIL in misure a sostegno di famiglie e conciliazione vita-lavoro, nel nostro Paese la percentuale è ferma all’1,8%.

Una negligenza, quella dimostrata nei confronti di queste tematiche, che denuncia anche un gap culturale di fondo, che non deve passare inosservato nella corsa a soluzioni esclusivamente legislative e aziendali: come si legge nell’articolo di contesto relativo alla ricerca, pubblicato su Corriere Buone Notizie, “il 41,7% dei maschi italiani pensa che sia meglio per la famiglia che l’uomo si dedichi prevalentemente alle necessità economiche e la donna alla cura della casa. Con queste premesse sono molto più spesso le donne a sacrificare l’ambito lavorativo, dove peraltro hanno spesso stipendi inferiori. Nel 2018, su 49.451 genitori che si sono dimessi volontariamente le madri sono state 35.963, e il motivo più frequente è stata l’incompatibilità tra lavoro e figli. E non ci sono solo i bambini: in un Paese che invecchia come il nostro, anche gli anziani richiedono attenzioni crescenti. È innegabile però che, ad oggi, l’arretratezza delle politiche italiane colpisca soprattutto le donne (che non lavorano e non fanno figli) e i bambini (che non nascono) con conseguenze negative per l’intero sistema“.

La strada auspicabile e suggerita è allora quella che muove in direzione di interventi volti a de-familiarizzare la cura e rendere strutturali e stabili servizi che attualmente si configurano come un mix di iniziative territoriali e welfare fai-da-te, incapaci di garantire – soprattutto alle donne – un effettivo work-life balance, e poco sostenibili nel medio-lungo periodo.

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