È ufficiale: dopo decenni di studi, l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha inserito il burn out, ovvero lo stress da lavoro, nell’undicesima edizione dell’International Classification of Disease (Icd), il rapporto relativo a tutte le patologie e condizioni di salute riconosciute a livello globale, aggiornato ogni anno.
Secondo la classificazione stabilita dall’Oms, il burn out è un “problema associato alla professione” i cui sintomi sono – tra gli altri – “spossatezza sul luogo di lavoro, cinismo, isolamento o in generale sentimenti negativi ed efficacia professionale ridotta”. Una sindrome, quella dello stress da lavoro, nota ormai dal 1974, rispetto alla quale l’agenzia speciale dell’Onu per la salute sta cercando di individuare con chiarezza delle linee guida per la corretta diagnosi e cura.
“Questa è la prima volta che il burn out viene incluso nella classifica” ha spiegato Tarik Jasarevic, portavoce dell’Oms. Ciò che è importante sottolineare è che, pur essendo menzionato nell’Icd, il burn out non è identificabile come condizione medica o malattia, ma rientra nella categoria “fattori che possono influenzare lo stato di salute e il contatto con i servizi sanitari” e – più nello specifico – va collocato tra i “problemi associati alla sfera lavorativa e alla mancanza di occupazione”, in quanto condizione che si riferisce al solo contesto lavorativo e che non può essere estesa ad altri ambiti.
Come tutti i professionisti sanno, il burn out è un malessere che nei luoghi di lavoro non deve essere sottovalutato, in quanto fonte di conflitti continui con liti esplicite o denunce, assenteismo marcato e disagio. Come strategia di prevenzione può essere utile formare il personale affinché impari a riconoscerne i primi sintomi e mettere in atto tempestivamente azioni educative di supporto e motivazione.
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