Come ricostruire il senso e l’esperienza del lavoro

esperienza lavoro copertinaSecondo la ricerca Forrester Close the Employee Experience Gap, che abbiamo già avuto occasione di citare, il 2020 è stato un anno di svolta non solo per l’accelerazione massiva della trasformazione digitale nelle aziende di tutto il mondo, ma anche per la consapevolezza diffusa del contributo fondamentale che l’employee experience offre alla crescita e al successo delle aziende.

Per citare qualche numero, il 78% dei leader HR intervistati ritiene che entro 2 anni l’esperienza che le persone vivono quando svolgono le loro attività lavorative sarà uno dei fattori determinanti per la capacità delle organizzazioni di conseguire gli obiettivi di business.

Questo perché i dipendenti coinvolti e soddisfatti della loro esperienza di lavoro dimostrano un maggior rigore nel superare gli ostacoli, si relazionano in modo più positivo a clienti e stakeholder, sviluppano una maggiore fedeltà all’azienda.

Se la consapevolezza in proposito si sta diffondendo, le attività e le strategie esistenti per valorizzare e migliorare l’employee experience restano ancora relativamente immature e ampiamente migliorabili.

Con l’obiettivo di approfondire questo tema e raccogliere dei consigli in base ai quali riprogettare l’esperienza dei lavoratori nei prossimi mesi abbiamo chiesto a Matteo Sola (HR Learning & Development Leader di iliad ed esperto di digital HR transformation) di condividere con noi il suo punto di vista sul prossimo futuro dell’employee experience, in attesa di poter seguire il suo intervento in diretta online il 4 maggio alle 11:30, in occasione dell’evento digitale Smart Working Village.

Quali sono i tratti distintivi dell’employee experience che aziende ed HR manager dovranno garantirematteo-sola d’ora in poi?

«La grande sfida che noi HR abbiamo davanti in azienda è quella di incentrare realmente il nostro lavoro sul disegno di processi e soluzioni che mettano le persone al centro.

Bisogna iniziare a ragionare in ottica di “experience”, ovvero di progettazione di esperienze significative, in grado di superare l’ottica a silos di processi HR e non solo, che spesso funzionano a compartimenti stagni anche per via dell’alta specializzazione verticale delle figure che sono deputate alla loro gestione.

Le persone non avvertono la differenza tra onboarding e formazione successiva, tra valutazione delle performance e rapporto quotidiano con il manager. Tutte queste cose fanno parte di un’unica esperienza, quella di lavoro, che ha diverse fasi collegate e persino sovrapposte tra loro. Gli HR manager, ma anche tutte le altre funzioni di business, devono quindi imparare a muoversi in modo strategico e olistico per costruire un ecosistema di supporto alla persona in ogni momento della vita aziendale.

Oggi la distanza fisica tra le persone e l’impatto sempre più rilevante delle tecnologie, che possono essere una barriera come un abilitatore di nuove esperienze, rendono questo approccio digital HR incentrato sul disegno strategico dell’employee experience ineludibile».

Segui in diretta lo speech di Matteo Sola il 4 maggio durante l’evento Smart Working Village

Quali nuove competenze e strumenti serviranno per dare vita a questo nuovo livello di esperienza?

«Le competenze centrali per fare questo sono quelle del service e user experience design, molto utilizzate nella costruzione di prodotti e servizi digitali, ma applicabili anche alla costruzione di processi ed esperienze negli spazi fisici.

esperienza lavoro 1L’ottica del designer è quella dell’empatia per l’utente finale, a partire da un’analisi della realtà e dei suoi “pain point”, per poi riprogettare l’esperienza stessa.

Si tratta in sostanza di non ragionare in astratto e in modo top-down, magari partendo dai nostri pregiudizi, ma di ribaltare il percorso e muovere dalle esigenze e frustrazioni reali delle persone, per capire poi come aiutarle e testare in tal senso le nostre soluzioni.

Alle competenze di design si devono poi aggiungere quelle relative alla raccolta, analisi e valorizzazione dei dati, un altro trend molto importante in ambito HR, che condizionerà pesantemente il futuro dei professionisti delle risorse umane.

Infine aggiungerei le capacità di lavoro “agile”, inteso come modalità di lavoro e gestione dei processi basata su “iterazioni” e rilascio di valore in modo continuo, testando i nostri prototipi sull’utente finale al fine di trovare rapidamente la soluzione più opportuna, anche se non perfetta.

Questo permette di adattarsi più velocemente alla complessità e variabilità delle aziende, e abbandonare in tal senso l’idea della soluzione uguale per tutti e del risultato perfetto, perché non esistono. Ogni nostra proposta sarà sempre più o meno adeguata ad una particolare circostanza, e provvisoria: nel tempo continuerà ad evolvere».

Che tipo di ostacoli e resistenze si possono incontrare, e come superarli?

«Il primo grande ostacolo rimane “l’abbiamo sempre fatto così”: è ora di qualcosa di nuovo ed è chiaro che molte cose non funzionano più come in passato. Serve un rinnovamento profondo e deciso, che impatti gli elementi di fondo del nostro lavoro e di conseguenza del senso che diamo al ruolo HR.

Usciti dalla comfort zone HR, dovremo perseverare di fronte alle resistenze di parte del management, che spesso chiede garanzie di partenza laddove queste non possono esserci, e a tratti delle persone stesse, che semplicemente non sonoesperienza lavoro 2 abituate ad altri metodi di lavoro e a un grado di coinvolgimento diverso.

L’employee experience passa inevitabilmente da un lavoro a tante mani, oltre gli steccati e in sinergia con tutti. Un lavoro in cui ognuno, HR e non, smetta di pensare di bastare a sé stesso o che la responsabilità sia di qualcun altro. Siamo entrati nell’epoca della collaborazione e della contaminazione a 360°.

Come superare queste resistenze? Dotandosi delle competenze giuste, investendo su sé stessi e capendo che si tratta pur sempre di un processo di cambiamento, che deve partire da noi e poi coinvolgere le nostre persone passo dopo passo. Si tratta di un’operazione che richiederà mesi ed anni, come ogni cambiamento profondo che di fatto ha l’obiettivo di rifondare un mestiere e una cultura del lavoro.

È l’inizio di un viaggio, irto di ostacoli e fallimenti, ma da quei fallimenti e dalla nostra perseveranza apprenderemo come ricostruire il senso e l’esperienza di lavoro delle nostre imprese».

Il 4, 5 e 6 maggio continueremo a parlare di employee experience e lavoro intelligente:
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