Lavoratori italiani e remote working

remote working ItaliaIl remote working non è più un optional per i lavoratori italiani: dall’inizio della pandemia si è registrato un aumento pari al 69% dei dipendenti che vedono nel lavoro a distanza un prerequisito piuttosto che un benefit.

Il dato emerge dal sondaggio Nuova era del lavoro a distanza: trends in the distributed workforce, promosso da VMware in collaborazione con Vanson Bourne e condotto su un campione di 2.850 tra decision maker HR, IT e vertici aziendali in 12 Paesi EMEA.

Remote working in Italia: i benefici ci sono, manca la cultura aziendale

Benché la consapevolezza dei benefici che il lavoro a distanza comporta per le organizzazioni aziendali sia diffusa (74% degli intervistati italiani), nel nostro Paese permane il timore che il management non stia facendo abbastanza per adattarsi alla nuova situazione e offrire ai lavoratori una maggiore scelta e flessibilità.

I nodi che tornano al pettine e che indicano la necessità di un cambiamento nel mindset e nelle abitudini del management ci sono familiari: il 39% dei rispondenti teme che il proprio team non svolga le attività richieste quando lavora a distanza, e solo il 13% riconosce che la tradizionale cultura dei vertici aziendali scoraggia il remote working.

D’altra parte, come accennato, i vantaggi del lavoro flessibile sono evidenti: l’85% dei dipendenti intervistati ritiene che le relazioni personali con i colleghi siano migliorate, il 67% si sente più sicuro di sé nel parlare in videoconferenza e il 75% afferma che i livelli di stress sono migliorati. Il morale dei dipendenti (31%) e la produttività (36%) hanno registrato un aumento.

Anche la talent acquisition è migliorata secondo il 60% dei rispondenti, in particolare per i genitori che lavorano (87%) e per le minoranze (64%). Quando si tratta di generare nuove idee, l’85% del campione italiano concorda sul fatto che l’innovazione proviene da più parti all’interno dell’organizzazione rispetto a prima.

«Affinché le organizzazioni abbraccino veramente il modello del “lavoro da qualsiasi luogo“, i manager dovranno abbandonare il monitoraggio degli input per concentrarsi sull’output, il tutto all’interno di un ambiente di fiducia reciproca» ha sottolineato Carl Benedikt Frey, direttore del programma Future of Work della Oxford University. «Trovare il giusto equilibrio sarà la chiave per garantire che i dipendenti siano motivati e, allo stesso tempo, che si trovino in un ambiente in cui la creatività possa prosperare».

Il riscatto dell’IT e il futuro del lavoro

Dal sondaggio VMware emerge inoltre che il reparto IT non è più considerato un inibitore delle pratiche di lavoro distribuite, in cui i dipendenti possono lavorare dalla sede centrale, da un ufficio locale, da casa, in movimento o da una combinazione di sedi: solo il 18% degli intervistati in Italia ritiene che l’IT non sia attrezzato per gestire una forza lavoro remota.

«Il futuro è arrivato sotto forma di forza lavoro distribuita, portando con sé benefici tangibili per il business, dalla produttività al morale dei dipendenti, a una maggiore collaborazione e a più opportunità di assunzione» ha dichiarato Kristine Dahl Steidel, vice president EUC EMEA di VMware. «E con questa digital foundation le aziende hanno bisogno di adottare la giusta cultura e il giusto approccio per creare un nuovo modo di lavorare. Le soluzioni per il digital workspace che consentono alla forza lavoro distribuita di essere collaborativa, coinvolta, visibile e produttiva hanno già aiutato migliaia di aziende e milioni di dipendenti».

Il focus per il prossimo futuro dovrà essere una visione olistica delle organizzazioni, capace di orchestrare tutte le opportunità – ma anche le sfide – che l’abilitazione di una forza lavoro distribuita porta con sé, dall’onboarding remoto alla compliance, dalla sicurezza dei dipendenti all’adozione del cloud, dall’introduzione di una politica aziendale di BYOD (bring your own device) ai rischi per la sicurezza che questa comporta.

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