La scorsa settimana abbiamo avuto modo di sottolineare, in più di un’occasione, quanto il lavoro da remoto stia influenzando la motivazione delle persone e quanto manager e leader abbiano la possibilità di contribuire, con le loro azioni e il loro esempio, a invertire la rotta dell’entusiasmo calante che in molti casi ormai caratterizza il rapporto tra lavoratori e smart working.
L’inevitabile punto di partenza è rendersi conto che il remote management non può per definizione basarsi sulle tradizionali attività e sulle prassi consolidate che caratterizzavano la gestione delle persone nel luogo di lavoro fisico. Bisogna fare i conti con la distanza, la virtualizzazione delle relazioni, l’impossibilità di supervisionare costantemente le attività e di confrontarsi in modo immediato con i membri del proprio team, l’inedita compenetrazione di spazi e tempi di lavoro con spazi e tempi della vita di ciascuno.
Insomma, non sono solo i dipendenti a dover cambiare: anche i manager devono ripensare il loro modus operandi per non ridurre il remote management a una semplice e inefficace trasposizione digitale di ciò che “è sempre stato fatto”. Per dare un’idea di cosa questo significhi nella pratica, riprendiamo qui i punti messi in luce da Monster.
Remote management: cosa deve cambiare
Senza un cambiamento culturale dell’azienda, non sarà mai possibile parlare di smart working: è stato detto e ripetuto fino allo sfinimento, eppure – ammettiamolo – siamo molto più legati alle nostre abitudini di quanto ci piaccia pensare.
Tra vincoli spaziali e temporali che saltano nello svolgimento delle attività di lavoro, nuovi strumenti di comunicazione e nuove modalità di collaborazione, sono parecchi i pilastri del tradizionale modo d’intendere la relazione manager-dipendenti che vanno sostituiti per creare il terreno più adatto alla fioritura della motivazione e della soddisfazione di remote e smart workers.
Secondo Monster, le organizzazioni che vogliono sviluppare un remote management che sia anche smart devono focalizzarsi sulla trasformazione delle abitudini consolidate nel tempo, invitando i manager a:
- riconoscere a ciascun lavoratore una flessibilità effettiva, ovvero la possibilità di gestire il proprio tempo secondo le esigenze e i ritmi individuali, a patto che vengano raggiunti gli obiettivi prefissati entro le scadenze stabilite;
- determinare in modo chiaro le responsabilità e i limiti delle attività svolte da ogni membro del team, invitando al rispetto dei differenti ruoli;
- fornire a chi lavora fuori ufficio gli strumenti e le competenze adeguati per lavorare al meglio e raggiungere gli obiettivi;
- organizzare incontri periodici per mantenere il team coeso e allineato anche da remoto;
- ricordare sempre che la possibilità di “fare smart working” non giustifica agli occhi del lavoratore la mancanza di riconoscimenti per i risultati positivi raggiunti.
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