Una delle caratteristiche che contraddistinguono la natura umana, a detta di molti, è il desiderio di “fare la differenza”. Espressione abusata al punto da suonare talvolta vacua, questa tensione a “lasciare il segno” è tuttavia un buon punto di partenza per capire in che direzione deve svilupparsi il futuro mondo del lavoro, come illustrato in un articolo pubblicato su LinkedIn da Ann Chambers, HR Director di Wessanen UK.
La riflessione di Chambers parte appunto dalla naturalezza con cui ciascuno di noi sposa un obiettivo rispetto al quale orientare sforzi e azioni, grazie al quale sentirsi parte di un quadro più ampio e importante, che per essere realizzato ha bisogno del nostro contributo. Questa leva motivazionale è valida non solo nella sfera privata e individuale, ma anche in quella pubblica e lavorativa, in particolare se consideriamo le famigerate “ultime generazioni”.
Secondo alcune indagini, infatti, l’84% dei lavoratori appartenenti alla generazione Z (Gen Z) preferisce lavorare per aziende in cui crede, e con cui condivide valori e obiettivi. Non stupisce quindi che, con una quota sempre maggiore di Millennials e Gen Z attiva sul mercato del lavoro, siano proprio le organizzazioni maggiormente sensibili e attente a questa dimensione valoriale e sociale del loro operato ad attrarre e trattenere un numero crescente di talenti.
Non solo talenti: attenzione al benessere e all’esperienza dei collaboratori
Questo nuovo focus che le aziende farebbero bene a sviluppare, tuttavia, non serve solo per dare il contentino ai giovani talenti, né tantomeno riguarda solo l’orientamento a valori e obiettivi condivisi.
Permettere alle persone di riconoscersi nell’organizzazione richiede contemporaneamente a quest’ultima di riconoscere gli individui che la costituiscono, i loro bisogni e l’esperienza che vivono – o vorrebbero vivere – quando svolgono le loro attività lavorative. Anche in questo caso Chambers ci fornisce dati precisi: l’edizione 2019 del report Deloitte Global Human Capital Trends, solo per fare un esempio, ha rilevato che per l’84% degli intervistati l’employee experience è uno dei fattori più importanti a cui prestare attenzione – a maggior ragione in un contesto come quello odierno, in cui il lavoro troppo spesso porta con sé il rischio di burnout e l’ossessione per la produttività, con conseguenze tutt’altro che trascurabili in termini di salute, felicità e motivazione dei lavoratori.
L’impegno per il prossimo futuro è quindi quello di riportare il focus delle organizzazioni sui bisogni delle persone – non solo in quanto clienti, ma anche in quanto dipendenti che oggi più che in passato desiderano fare la differenza con il loro lavoro, e vedersi riconosciuti come individui con valori e aspirazioni.
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