Le trasformazioni e i cambiamenti organizzativi che le aziende hanno dovuto mettere in campo durante l’emergenza sanitaria sono stati in molti casi repentini, non pianificati, radicali. Se una simile condizione ha permesso ad alcuni di fare di necessità virtù, promuovendo un’evoluzione tecnologica e culturale all’interno delle imprese, per altri questo percorso a tappe forzate rischia di causare un’involuzione sotto diversi punti di vista.
Per comprendere meglio la situazione, Asterys (società internazionale di sviluppo organizzativo) ha condotto – in collaborazione con Dynata – la ricerca Organizzazione 2020: rischio involuzione intervistando, durante la fase 2 del Covid-19, un campione di 560 tra executive, people manager e contributori individuali di aziende da 200 a +50.000 dipendenti, in Italia e nei maggiori Paesi europei.
L’indagine si è focalizzata su strutture, cultura organizzativa, processi e pratiche manageriali vincenti durante l’emergenza e utili per la crescita futura, ma anche su aspetti che hanno subito l’influsso degli stati d’animo di paura e incertezza scatenati dall’emergenza, come la condivisione delle informazioni, la struttura dell’azienda del futuro, la misurazione delle prestazioni, il decision making, la fonte delle decisioni, il luogo di lavoro.
«Nella situazione globale di incertezza in cui ci troviamo, le persone sono portate ad adottare due diversi comportamenti: paura, impotenza e vittimizzazione o autorealizzazione e impegno» ha spiegato Giovanna D’Alessio, partner di Asterys. «Sebbene la ricerca rafforzi alcuni degli aspetti delle imprese più agili, in questo momento di crisi rileviamo una leggera preferenza verso alcune pratiche tipiche delle aziende centralizzate, in cui i dipendenti si aspettano che sia il vertice a dettare direttive e strategie, delegando a loro l’assunzione del rischio. Per le aziende che vogliono però mantenere una certa dinamicità e flessibilità questo è un elemento da gestire per mantenere l’accountability ed evitare l’avversione al rischio dei dipendenti, per permettere all’impresa di innovare e crescere. Questa tendenza emersa dall’indagine, se protratta nel tempo, può portare a una vera e propria involuzione e al ritorno di pratiche che appartengono a un vecchio e ormai obsoleto modello di organizzazione».
Cambiamenti organizzativi: l’agilità aziendale
Secondo quanto rilevato dalla ricerca Asterys, il futuro delle imprese sarà all’insegna di modalità organizzative non gerarchiche. Il 65% degli intervistati ha infatti dichiarato che le decisioni saranno decentralizzate e prese a livello di team o a livello individuale, con il 25% che ritiene che in futuro le aziende di successo adotteranno un processo decisionale basato sull’assenso – il consent decision making – in cui la decisione viene ratificata automaticamente, a meno che non ci siano obiezioni valide.
Cambia anche la percezione del luogo di lavoro, rispetto al quale solo il 28% dei rispondenti ritiene che l’ufficio continuerà ad essere l’ambiente di lavoro principale, con un regolare orario di entrata e uscita – contro il 72% che lo vede ormai come punto d’incontro dove recarsi per lavorare in modo collaborativo o nelle occasioni in cui è necessario incontrarsi in presenza.
L’involuzione è in agguato
Malgrado i segnali positivi registrati in materia di gestione del cambiamento e delle recenti e necessarie trasformazioni organizzative, l’indagine Organizzazione 2020: rischio involuzione ha evidenziato anche alcuni aspetti problematici, che rischiano di mettere i bastoni fra le ruote a questo processo evolutivo.
La condizione di incertezza, preoccupazione e paura che ci troviamo a vivere, come già accennato, ha innescato in alcuni il desiderio di tornare a vecchi sistemi gerarchici, caratterizzati da processi strutturati, autorità centralizzata al vertice e rinuncia a prendere decisioni da parte dei lavoratori.
Di conseguenza, la percentuale di chi ritiene che in un’organizzazione di successo i team avranno la responsabilità di delineare strategie e obiettivi in modo autonomo scende dal 51% del 2017 al 28% del 2020; quella di chi ritiene che le persone saranno auto-dirette e sarà loro riconosciuta piena autonomia scende dal 47% del 2017 al 33% del 2020, mentre quella di chi avverte la necessità di centralizzare le decisioni al vertice della propria impresa arriva al 35% rispetto al 27% del 2017.
Inoltre, se tre anni fa il 74% del campione italiano riteneva vincente una forte collaborazione tra tutti i team aziendali, quest’anno si è registrato un calo del 20% (anche se rimane la scelta privilegiata). Infine, il 47% dei rispondenti ritiene oggi più efficace creare una forte collaborazione all’interno del proprio team invece che fra tutti i team in azienda, rispetto al 27% del 2017.
Il rischio è quello di dover fare i conti con processi di cambiamento organizzativo più complessi e difficili da implementare: «La centralizzazione delle decisioni e delle strategie, unita all’adozione di processi rigidi, in un mondo ad alto tasso di complessità e ad alta velocità di cambiamento fa rischiare alle aziende di perdere competitività e di reagire troppo lentamente nelle fasi di crisi. In tutto il mondo, un numero sempre crescente di aziende inizia ad adottare strutture e processi semplificati e lean, e punta sull’autorità distribuita per migliorare la propria agilità organizzativa» ha spiegato Stefano Petti, partner di Asterys.
Cambiamenti organizzativi e leadership
In questo scenario, il più valoroso paladino dell’agilità organizzativa risulta essere il senior management, che possiede una visione sistemica dell’azienda e comprende la necessità – per le organizzazioni moderne – di essere più veloci, flessibili e innovative.
Secondo il 42% dei leader intervistati le aziende dovranno essere strutturate come network di team senza capi, che operano in base a principi condivisi e nei quali tutti i membri rispondono del loro operato a tutto il team; si aggiunge poi il desiderio di avere un ambiente di lavoro semplificato con sistemi dinamici e procedure snelle (65%) e una forte collaborazione tra tutti i team (65%).
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