Come non dire addio ai talenti interni

talenti interniCon l’avanzare dell’innovazione tecnologica e il verificarsi di condizioni di lavoro e vita finora inedite, i talenti con le giuste competenze sembrano non essere mai abbastanza per le aziende presenti sul mercato.

Si è parlato spesso, a tal proposito, di guerra per i talenti: uno scenario meno bellicoso è tuttavia possibile, e la sua realizzabilità sta proprio tra le mani degli HR manager. Parlare di talenti non significa infatti solo “affilare le armi” per andare a conquistarli all’esterno, ma anche e soprattutto saper riconoscere, valorizzare e trattenere i talenti interni.

Per quanto possa apparire scontata e banale, la retention dei talenti interni è ancora in molti casi un terreno piuttosto scivoloso per le aziende; Gartner si è soffermata sull’argomento e ha individuato 4 aspetti cruciali che le organizzazioni non dovrebbero trascurare per garantirsi relazioni durature con i talenti interni.

Attenzione allo stress lavoro-correlato

Poter contare sul contributo di un talento interno per guidare, per esempio, la realizzazione di un importante progetto è certamente la condizione ideale per ogni manager. All’apparenza può sembrare una perfetta situazione win-win: da una parte ci si assicura la guida della persona migliore, dall’altra quest’ultima può cimentarsi con un compito stimolante e sfidante. Il desiderio di raggiungere ottimi risultati, però, non deve tramutarsi in un incubo per le persone responsabili del loro conseguimento: se questo è vero per la maggior parte di noi, lo è ancor di più per i talenti interni, al punto che il 45% di essi opta per la ricerca attiva di un nuovo lavoro quando il numero di colleghi da coinvolgere nello svolgimento delle proprie attività quotidiane si fa troppo elevato. È compito degli HR manager assicurarsi che nessuno dei membri dell’organizzazione risulti sovraccarico, insegnando loro anche a dire di no quando si sentono sopraffatti.

Lotta attiva a molestie e discriminazioni

Si dice che “tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare”: meglio non dare questa impressione ai talenti interni quando si tratta di diversity & inclusion. Anche questa è, tutto sommato, un’indicazione valida per la retention della maggior parte dei lavoratori, ma di nuovo Gartner sottolinea che il 61% dei talenti interni – contro il 39% di quelli che vengono definiti come “lavoratori a potenziale non elevato” – inizia a ricercare attivamente un nuovo lavoro non appena percepisce un intensificarsi di atteggiamenti discriminatori (di genere, etnici e/o razziali) all’interno dell’organizzazione. Se si vogliono trattenere le persone migliori in azienda, non ci si può limitare agli slogan: bisogna essere pronti a dimostrare nei fatti e proattivamente che all’interno dell’organizzazione non c’è spazio per atteggiamenti che non siano rispettosi ed equi nei confronti di ciascun individuo.

Prima del talento viene la persona

Matrimonio, nascita di un figlio, problemi di salute: non si tratta banalmente di “faccende private”, ma di eventi cruciali per ogni persona, che è impossibile “sospendere” o “cancellare” nel momento in cui questa veste i panni del lavoratore. La sensibilità umana che un’azienda dimostra quando prende in considerazione e risponde ai bisogni e alle esigenze dei suoi membri è un altro aspetto particolarmente apprezzato dai talenti interni. A tal proposito Gartner ipotizza l’introduzione di un “colloquio per la retention“, ovvero un incontro periodico durante il quale gli HR manager possano interessarsi ai lavoratori in quanto persone, ed eventualmente intervenire in loro supporto prima che questi decidano di abbandonare l’azienda.

Non sempre i talenti esterni sono la miglior soluzione

Il talento del vicino è sempre il migliore… a volte. Quando si tratta di potenziare e arricchire un team di lavoro, spesso si ritiene che la risposta migliore a tale esigenza debba per forza provenire dall’esterno. Forze fresche, un punto di vista differente, esperienze nuove (che tuttavia richiedono tempo e attenzione per essere calate e integrate con successo nell’ambiente di lavoro già esistente) possono effettivamente dare la giusta spinta e aiutare a raggiungere gli obiettivi.

Non sempre, tuttavia, è così, soprattutto se si considera che per ogni processo di selezione che non tiene conto dei talenti interni interessati, il 47% di questi prepara la valigia, pronto a trasferirsi in organizzazioni capaci di garantire più concretamente opportunità di carriera e di crescita professionale. In questo caso la parola chiave è trasparenza: gli HR manager devono essere pronti ad esplicitare i criteri di scelta del candidato – indicando eventualmente ai talenti interni le skill da migliorare per poter ricoprire il ruolo desiderato – e informarsi regolarmente sulle loro aspirazioni professionali.

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