Le digital skill scarseggiano mentre la trasformazione digitale avanza: secondo un recente studio condotto da IDC in collaborazione con Cornerstone OnDemand, questo è un problema con cui tutte le aziende europee stanno facendo i conti. Paesi come la Norvegia (27%) e la Spagna (31%) incontrano le maggiori difficoltà nell’acquisizione di talenti digitali ma, in generale, un’azienda su cinque in Europa deve far fronte a grosse criticità.
A questo si aggiunge il dato, calcolato da IDC nell’ambito di più ampie iniziative con la Commissione Europea, della mancanza complessiva di più di 500.000 talenti in ambito IT. Questo stato di cose, ovviamente, non si limita ad avere un forte impatto sul business, ma fa registrare implicazioni non secondarie anche sulla selezione del personale.
Cosa possono e devono fare allora i responsabili di formazione e selezione per tenere testa alle sfide della war for talent? Il primo monito è quello di essere consapevoli che il successo passa per l’allineamento con il management, la comprensione degli obiettivi di business e la conoscenza profonda dei talenti di cui si è alla ricerca. Si tratta di un processo creativo, per quanto possa apparire complicato, che comporta l’uso di risorse – tradizionali e non – e di una rete di contatti consolidati per identificare e attirare i talenti.
Sulla base dei risultati emersi dall’indagine menzionata in apertura, gli esperti di Cornerstone OnDemand hanno stilato una lista di consigli destinati ai responsabili della selezione.
Alla conquista dei talenti: cosa fare
• Aprire il processo di selezione per renderlo inclusivo e allargato: allargare le fonti della selezione, includendo agenzie specializzate, referenze e tirocini, in modo da raggiungere il più ampio numero di candidati con le qualità desiderate e con diverse mentalità (capaci quindi di portare idee nuove), può essere determinante per il successo dell’azienda sul lungo periodo.
• Considerare l’onboarding un elemento chiave per il successo dell’azienda: creare un processo di selezione in cui le fasi di transizione e onboarding che seguono l’assunzione siano accuratamente pianificate. È necessario – ed è compito dei responsabili della selezione – garantire che tutto il lavoro fatto per portare a bordo i migliori candidati non sia vanificato da una cattiva esperienza di onboarding, che avrebbe un effetto negativo sull’engagement dei neoassunti e sulla qualità dell’esperienza.
• Ampliare i criteri di selezione applicati per i nuovi ruoli e pensare in modo creativo: valutare i candidati sulla base di criteri che hanno funzionato efficacemente in passato è un modo sicuro di selezionare le persone. Tuttavia, adattarsi ai cambiamenti nella forza lavoro e allargare la rete per raggiungere persone con competenze diverse può essere un potente moltiplicatore di forze per l’azienda. I selezionatori devono iniziare a cercare qualità come il pensiero esponenziale e il problem solving, e puntare sulla diversità. Giocare secondo regole note non è più la strategia ideale per i recruiter.
Alla conquista dei talenti: cosa non fare
• Non cercare il candidato perfetto e collaborare con le HR e le LoB per sviluppare le competenze: l’indagine di Cornerstone e IDC ha dimostrato che la formazione on the job è la modalità preferita per arricchire il patrimonio di conoscenze di un dipendente. Tuttavia, considerando la varietà di strumenti oggi disponibili, questa rischia di essere una visione troppo ristretta. Il 65% delle organizzazioni italiane, per esempio, si affida alla formazione on the job per far crescere i propri dipendenti. I recruiter conoscono meglio di chiunque altro i nuovi assunti e le richieste dell’azienda: in qualità di professionisti della selezione, devono collaborare con l’intero dipartimento HR e con i manager delle linee di business (LoB) per costruire piani di sviluppo diversificati destinati ai neoassunti.
• Non limitare il proprio ruolo a quello di “procacciatore di talenti”, ma aiutare i neoassunti a sviluppare il loro pieno potenziale: il ruolo di responsabile della selezione dovrebbe andare oltre la pubblicazione delle ricerche di personale e i colloqui con i candidati. Il recruiter riveste un ruolo importantissimo nella definizione dell’employer brand, uno dei fattori che rende le aziende interessanti per i migliori talenti. I direttori della selezione hanno una vista privilegiata sul mercato dei talenti, conoscono i background, l’insieme delle competenze dei nuovi colleghi e sanno quali caratteristiche l’azienda cerca nei candidati: per questo possono dare forma all’employer brand, che può esistere solo se i recruiter si fanno coinvolgere in misura maggiore nell’employee experience.
• Non cadere vittime della trappola tecnologica: il 47,3% dei selezionatori si riversa sulle piattaforme specializzate per pubblicare le posizioni aperte. Per quanto queste piattaforme siano fonti importanti di nuovi candidati, i migliori selezionatori sanno che la persona giusta per un certo ruolo non è necessariamente un esterno: all’interno dell’organizzazione potrebbero esistere molti talenti nascosti ma qualificati. Come confermano precedenti indagini di IDC e Cornerstone OnDemand, condotte nel 2017 e nel 2016, la mobilità interna contribuisce molto alla soddisfazione dei dipendenti. Non sorprende dunque che le aziende che puntano su sviluppo personale e cultura aziendale abbiano maggiori probabilità di ottenere alte prestazioni in termini di fatturato e profitti.
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