“Tu la conosci la learning agility?” Dopo l’emergenza sanitaria questa è una delle domande chiave all’interno delle organizzazioni, dal momento che proprio a questa capacità si connette quella di affrontare situazioni impreviste, migliorare l’efficacia, la produttività e la competitività di ogni azienda all’interno di un mercato in costante mutamento.
Per capire in che misura la learning agility sia conosciuta e coltivata nel nostro Paese, Randstad Professionals ha realizzato – in collaborazione con l’Alta Scuola di Psicologia Agostino Gemelli (ASAG) dell’Università Cattolica – lo studio HR Trends & Salary Survey 2020, che ha coinvolto 465 direttori HR italiani.
I dati raccolti non sono del tutto rassicuranti: solo il 22% degli HR manager ne conosce a fondo i principi basati su flessibilità e predisposizione al cambiamento; nel 69% delle organizzazioni si parla di applicare la learning agility a modalità di lavoro e cambiamenti organizzativi, ma solo nel 41% di esse si è già passati all’azione; nel 28% dei casi l’azienda non si è ancora mossa, e nel 31% non se ne parla proprio.
Learning agility, perché è importante
L’indagine Randstad ha chiesto innanzitutto ai responsabili HR di tratteggiare lo scenario attuale: secondo gli intervistati, ad oggi solo nel 24% delle organizzazioni i dipendenti riescono facilmente a comprendere le decisioni manageriali, e solo nel 33% la vision è chiara e condivisa a tutti i livelli. Inoltre, la percentuale di HR che ritiene l’azienda “capace di conciliare velocità e flessibilità necessarie con il bisogno di stabilità dei dipendenti” si ferma al 22%.
In un simile scenario, oltre ai benefici già indicati, il 63% degli HR ritiene che la learning agility costituisca uno strumento efficace per contrastare le principali forme di malessere che si annidano nelle organizzazioni, ovvero stress, demotivazione e senso di non appartenenza. L’agilità di apprendimento – che secondo l’85% degli intervistati è acquisibile – è stata inoltre indicata come utile per i processi interni e la direzione operativa (60%), per il cambiamento organizzativo (45%) e per il clima interno (35%).
Cosa deve cambiare nel 2020
In questa seconda parte dell’anno, gli HR manager hanno dichiarato di voler puntare soprattutto su performance e produttività (46%), leader di talento (42%), talent attraction (42%), creazione di un buon ambiente di lavoro (41%) e candidate retention (40%).
Focalizzando l’attenzione sulla leadership, le principali competenze richieste saranno la capacità di motivare e ispirare gli altri (65%), la capacità di adattarsi alle nuove esigenze dell’attività (53%) e la capacità di programmare (44%).
Considerando invece il proprio ruolo in azienda, i responsabili HR hanno indicato come prioritari un maggior coinvolgimento della funzione HR nelle decisioni strategiche (37%), l’allineamento dei lavoratori alla cultura aziendale (30%) e lo sviluppo di strategie di talent management (27%).
Un ultimo aspetto che dovrà cambiare è l’approccio aziendale a feedback ed errori: l’attuazione della learning agility non può prescindere dalla consapevolezza che feedback ed errori sono occasioni di sviluppo e crescita, sia per i singoli che per l’organizzazione nella sua interezza.
«La direzione HR oggi ha un rinnovato ruolo strategico per il business delle aziende» ha commentato Maria Pia Sgualdino, Head of Randstad Professionals. «Il suo compito è di applicare nel modo giusto i principi della learning agility secondo le specificità dell’organizzazione, estraendo e riadattando modelli di comportamento, promuovendo nelle persone e nei gruppi quella propensione all’apprendimento che consente di rispondere in maniera veloce e performante alle sfide del futuro».
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