Formazione strategica, ecco a cosa fare attenzione

formazione strategicaA giudicare dalla frequenza con cui viene ribadito il concetto, quest’anno ha contribuito in modo decisivo a diffondere nelle aziende due ordini di convinzioni: il primo riguarda il valore delle competenze per la sopravvivenza e il successo sul mercato, il secondo i cambiamenti irreversibili nell’esperienza lavorativa che la crisi ha comportato.

Dato questo punto di partenza, la formazione strategica è il nuovo must per le organizzazioni, come rilevato da A License to Skill: Embracing the Reskilling Revolution, una recente indagine globale del Cornerstone People Research Lab (CPRL) svolta in collaborazione con The Starr Conspiracy. Nello specifico, lo studio ha raccolto le opinioni di 1.000 dipendenti e 500 business leader (HR manager e c-levels) in materia di centralità delle competenze per diventare agili, effetti della crisi e stato dell’arte della formazione aziendale. Ecco cosa è emerso.

Sviluppo delle competenze in azienda: i dipendenti sono scettici

Iniziamo dal carattere prioritario universalmente riconosciuto allo sviluppo di talenti, conoscenze e capacità individuali: a questo livello non si registrano contrasti tra collaboratori e leader, ma in materia di efficacia formativa le divergenze si fanno sentire. Mentre infatti il 90% dei leader ritiene di essere in grado di sviluppare le competenze dei dipendenti e l’87% giudica adeguate allo scopo le risorse di apprendimento presenti in azienda, solo il 60% dei dipendenti concorda con una simile valutazione positiva e il 40% circa giudica inefficaci gli strumenti a disposizione. Un giudizio tutt’altro che trascurabile se si vuole davvero puntare sulla formazione strategica nel prossimo futuro, e se davvero si crede che la via più efficace per colmare lo skill gap nei prossimi anni sia puntare sulla crescita dei talenti interni (come sostenuto dal 50% dei dirigenti).

Prima della formazione viene la cultura dell’apprendimento

In questo momento storico i talent leader devono fare particolare attenzione al disagio provato dai dipendenti a causa dell’incertezza lavorativa, e sull’incidenza negativa che un simile sentimento ha sui livelli di motivazione. Per questo bisogna puntare sulla creazione di una cultura dell’apprendimento olistica, ovvero rivolta alla persona nella sua totalità, offrendo formazione personalizzata non appena se ne presenta il bisogno.

La carriera di ciascun lavoratore deve avere un senso

I lavoratori non transigono: il 66% reputa estremamente o molto importante la rilevanza della mansione in fase di scelta del datore di lavoro, così come l’offerta di uno stipendio competitivo (65% in questo caso). Per rispondere a queste aspettative può essere decisamente utile trasformare i manager in coach, fornendo loro gli strumenti per conoscere meglio i singoli collaboratori.

Tecnologie per la formazione strategica

Considerando infine le priorità in materia di metodologie per il people development, i leader hanno indicato al primo posto le tecnologie per avviare e potenziare lo sviluppo delle competenze e la formazione tecnica nelle discipline STEM (42%); seguono il desiderio di migliorare l’apprendimento nel flusso di lavoro (41%), lo sviluppo della leadership (40%) e le opportunità di apprendimento sociale (38%).

«Possedere un quadro preciso e approfondito delle competenze che i dipendenti possiedono o dovrebbero possedere è un modo per rimediare a quella mancanza di fiducia nello sviluppo delle competenze che, in ultima analisi, penalizza l’agilità delle aziende quando sopraggiunge un cambiamento» ha commentato Heidi Spirgi, Chief Strategy and Marketing Officer di Cornerstone. «I risultati emersi da questa indagine del CPRL ci spronano a continuare a fornire soluzioni avanzate per lo sviluppo delle persone, che prepareranno i nostri clienti e il loro capitale umano non solo a sopravvivere alle crisi, ma anche ad avere successo in un mondo dinamico come quello in cui viviamo e lavoriamo oggi».

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