Il cambiamento è un duro lavoro

cambiamento smart workingLa relazione lavorativa in questi mesi di emergenza è cambiata molto. Le aziende sono state spinte a sperimentare un nuovo modo di lavorare, e la maggior parte delle persone ha dovuto adattarsi a qualcosa di sconosciuto. Ad oggi molte realtà hanno già fatto tornare i dipendenti in sede, segno che nulla è cambiato rispetto a prima nel mindset delle figure apicali. Queste ultime hanno spinto affinché si tornasse quanto prima alla “normalità” proprio per cercare di ristabilire le vecchie dinamiche. Il cambiamento, si sa, fa paura. Allo stesso tempo può però essere un trampolino di lancio non indifferente. Secondo noi, purtroppo, poche aziende sono state in grado di raccogliere la sfida.

Per quella percentuale di realtà che invece ha tratto qualcosa di positivo da questa esperienza, siamo sicuri che nel breve e medio termine sarà in grado di mettersi in discussione e pensare ad un’organizzazione del lavoro diversa da quella che c’è sempre stata. I processi, così come le persone, possono essere benissimo coordinati da remoto se i presupposti alla base dell’organizzazione sono definiti e trasparenti. Ruoli e responsabilità chiari e condivisi non lasciano spazio a mal interpretazioni, e le relazioni si ridisegnano in una chiave più strategica. 

Gli ostacoli al cambiamento

Le aziende italiane pronte ad un simile cambiamento, però, non sono molte. Il potenziale c’è in tutte, ma manca la volontà di innovarsi e cambiare. Il principale ostacolo è il timore nei confronti di tutto ciò che è nuovo e sconosciuto. Rinnovare il modello organizzativo non si esaurisce infatti nel fare un po’ di formazione manageriale.

Un progetto di smart working a 360 gradi è la soluzione migliore per innovare processi e relazioni all’interno di un’azienda. Manager e collaboratori devono essere tutti coinvolti, per un percorso che rivoluzioni la realtà e la renda più strategica e competitiva. La difficoltà è quella di riuscire ad unire veramente tutta l’organizzazione, così che possa davvero iniziare un percorso di innovazione mossa da un obiettivo comune. Ma bisogna avere il coraggio di farlo, costruire il desiderio e poi realizzarlo concretamente.

Lavorare insieme anche a distanza

Se le persone del team sono unite e abituate a fare “lavoro di squadra”, il remote engagement sarà una conseguenza implicita. È necessario comunicare quotidianamente e in modo del tutto trasparente tra membri dello stesso team, al fine di garantire una fluidità del processo organizzativo ed evitare fraintendimenti di vario genere. 

La premessa è un’organizzazione del lavoro agile dove il team si concentra nella definizione di un approccio che chiarisce sin da subito ruoli, responsabilità ed aspettative rispetto al lavoro dei membri del team.

Tra le metodologie agile più conosciute c’è lo sprint, inteso come un ciclo di attività che assegna le responsabilità a ciascuno e definisce a priori gli obiettivi, così che tutti abbiano la possibilità di organizzare con i propri tempi e modi le attività da portare a termine. 

Un’altra buona pratica è quella dello stand up meeting, 15 minuti all’inizio di ogni giornata, possibilmente in piedi perché dev’essere breve ma efficace. Un metodo agile per permettere ad ognuno di fare il punto della situazione, organizzare le attività della giornata e avere un momento di ritrovo “sacro” con il proprio team. 

Infine – non meno importante – la retrospettiva, che altro non è se non un momento di riflessione in cui si rivedono le attività dello sprint verificando la qualità del risultato, ma anche le modalità con le quali si è lavorato. In questo modo è possibile capire cosa ha funzionato e cosa meno, ed eventualmente migliorare per lo sprint successivo.

Collaborative company: strategie e tecnologie

In un’autentica collaborative company non può poi mancare, a livello tecnologico, una dotazione informatica performante e aggiornata. Ogni collaboratore deve disporre di un PC portatile e di una connessione internet efficace. Noi crediamo nel Bring Your Own Device, ma richiede un certo livello di maturità, oltre che sul piano tecnologico, anche su quello della relazione con i collaboratori. 

A livello strategico, invece, si deve considerare prima di tutto il mindset. Fondamentale è pensare e agire chiarendo l’obiettivo che ci fa lavorare e dare senso al gruppo. La chiarezza del purpose ci permette poi di essere collaborativi, responsabili, trasparenti e fiduciosi l’uno nei confronti dell’altro.

Federico Bianchi
Founder di Smartworking srl

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