Sport e natura: Sharewood dà un volto nuovo all’employee engagement

rafting_gruppo_sharewoodSurf, mountain bike, rafting: lo sport fa bene, lo sappiamo, ma ora i suoi benefici possono essere estesi al mondo delle aziende. Come? Sfruttando i vantaggi connessi allo svolgimento di un’attività sportiva all’aperto per favorire il consolidamento e il miglioramento delle dinamiche relazionali attive all’interno dei team aziendali, come dimostrano l’esperienza e il successo di Sharewood, startup italiana che offre esperienze sportive outdoor per l’employee engagement e non solo.

Vieni il 12 luglio a scoprire l’EMPLOYEE ENGAGEMENT di SHAREWOOD

In attesa del workshop dedicato all’engagement dei dipendenti e collaboratori e alle nuove forme che può assumere oggi – attraverso modalità innovative di motivazione dei propri collaboratori, monitoraggio del loro livello di soddisfazione e creazione di momenti comuni per consolidarne il senso di appartenenza – abbiamo iniziato ad approfondire l’argomento con Benedetta Caridi, Communication Manager di Sharewood, che ha condiviso con noi il suo punto di vista sulla possibilità di promuovere nuove forme di relazione all’interno delle aziende, basate su fiducia, flessibilità, consapevolezza e responsabilità.

Iniziamo con le presentazioni e ripercorriamo rapidamente insieme la storia di Sharewood

“Sharewood è nata due anni fa da un’idea del nostro founder e CEO Piercarlo Mansueto, e da un episodio di cui è stato protagonista: durante una vacanza a Tarifa, infatti, aveva bisogno di una tavola per fare surf e l’ha chiesta in prestito a un local, con cui poi haBenedetta_Caridi instaurato un legame di amicizia. È nato così il progetto di avviare una startup per il noleggio di attrezzatura sportiva, cui in seguito si è aggiunta l’offerta di esperienze outdoor e, da circa tre mesi, un’attività di tour operator. Questo cammino di crescita si è sviluppato grazie all’impulso e in risposta ai suggerimenti e alle richieste della nostra community, con la quale abbiamo instaurato una relazione solida e coinvolgente su più canali, che ci permette di aggiornare e perfezionare costantemente la nostra offerta commerciale. Curare attentamente le relazioni con la community ci permette inoltre di garantire livelli di personalizzazione elevati, evitando così di appiattirci sulla proposta di pacchetti prestabiliti e proponendo esperienze altamente ingaggianti che, strutturate sulla base delle preferenze e delle esigenze emerse dalle discussioni, portano alla creazione di gruppi di persone magari sconosciute le une alle altre, che hanno così la possibilità di incontrarsi e creare nuovi legami e relazioni. Quello che mi preme evidenziare come nostro elemento distintivo è proprio questo: benché proponiamo offerte strutturate a livello commerciale, non perdiamo mai – e mai vogliamo perdere – il contatto quotidiano con la nostra community. Conoscerla, scoprire le sue esigenze e ascoltare i suoi suggerimenti è ciò che ci distingue dai nostri competitors”.

In che modo vengono garantiti la partecipazione e l’engagement delle persone che lavorano in Sharewood?

“Nel progettare le nostre attività seguiamo la roadmap tipica delle startup, ovvero una pianificazione che si rinnova ogni tre mesi. Questo ci permette di essere più dinamici, più flessibili e di intercettare ogni tipo di micro-cambiamento si verifichi tra i nostri utenti, affinando di conseguenza il nostro business model. Al nostro interno, inoltre, abbiamo adottato un modello organizzativo di tipo lean. I vari progetti che decidiamo di realizzare vengono affidati a differenti business unit, il cui operato è valutato sempre con cadenza trimestrale: in base a questi controlli periodici dell’andamento delle attività e dei risultati ottenuti, che si aggiungono al monitoraggio del sentiment del mercato e della community, si decide se confermarle o se organizzare diversamente il lavoro. Le business unit sono composte da figure senior e junior, e ognuno condivide con il proprio team onori ed oneri. Questo tipo di organizzazione permette di coinvolgere e creare una produttiva commistione di esperienze, competenze e punti di vista che stimola creatività, impegno e partecipazione. Dal punto di vista HR l’approccio che adottiamo nella gestione dei nostri giovani talenti e dei neoassunti risulta particolarmente positivo perché li invitiamo fin da subito a partecipare attivamente, a proporre idee. Promuoviamo inoltre attività di brainstorming più libere rispetto alle organizzazioni tradizionali, e il nostro approccio alle sfide che affrontiamo insieme ogni giorno è perfettamente riassunto dalle parole che il nostro CEO ama ripetere: ‘Non ci sono problemi, solo soluzioni’. Questo ci aiuta a cogliere per ogni situazione o contesto in cui operiamo risorse e opportunità positive, per trovare risposte inedite e nuove evoluzioni del nostro lavoro”.

Come si stanno trasformando le relazioni tra lavoratori e realtà aziendali?

“Il primo aspetto che vorrei evidenziare – anche se come azienda siamo fan del made in Italy e vogliamo continuare a operare in questo Paese – è che spesso in Italia il passaggio dal mondo dell’università a quello del lavoro risulta più critico e problematico che in altri Paesi. I giovani laureati italiani spesso non hanno fatto esperienze lavorative e risultano quindi preparati solo in termini teorici, non pratici. Una nota positiva è però che la maggior parte dei nuovi assunti ha fatto almeno un’esperienza di Erasmus e parla correntemente 2 o 3 lingue dell’Unione Europea – e questo è un aspetto particolarmente importante per noi, che ci siamo aperti ai mercati di Francia, Spagna e Sud-Est asiatico. Un altro cambiamento che ho riscontrato è che oggi i giovani sposano il progetto, e hanno bisogno di essere ingaggiati per dare il 100%. Se questo coinvolgimento non si verifica sono pronti a volgersi altrove: anche per questo negli ultimi anni le aziende stanno registrando livelli di turnover piuttosto elevati. Smart working e lavoro flessibile sono inoltre diventati due concetti estremamente familiari e conosciuti in tutte le loro caratteristiche e potenzialità dai nuovi lavoratori, che li apprezzano particolarmente e stanno di conseguenza contribuendo alla loro diffusione. Si tratta di nuovi modelli stimolanti e sfidanti per entrambe le parti in causa, aziende e dipendenti: le prime sono chiamate a migliorarsi e rinnovarsi costantemente per riuscire ad attirare e conservare i migliori talenti in circolazione, mentre i secondi sono stimolati a dare sempre il meglio nel portare a termine i compiti di cui sono responsabili. Vorrei segnalare infine una progressiva disintermediazione delle relazioni aziendali interne, e una minore preoccupazione legata all’eventuale mancanza di un posto fisso: molti dei nostri colleghi sono pronti a dichiarare in tutta tranquillità che non sanno dove lavoreranno tra un anno. Questo continuo ricambio e circolazione di talenti provenienti dai luoghi più disparati è particolarmente utile e feconda per la contaminazione tra differenti impostazioni di pensiero e modalità operative, approcci alle attività e alla risoluzione dei problemi, e per l’individuazione di soluzioni innovative”.

Quali sono gli step che seguite nella progettazione delle attività di employee engagement?

“Per elaborare il nostro modello abbiamo preso le mosse dalla nostra personale esperienza. Noi di Sharewood abbiamo creato circa sei mesi fa una business unit dedicata alle attività di team building outdoor, attività che pratichiamo internamente circa 3-4 volte l’anno. Ci sono molti studi di psicologia cognitiva che confermano come la pratica di uno sport all’aperto, a contatto con la natura, abbia risvolti positivi su produttività e attività lavorativa nel suo complesso, agendo inoltre positivamente sul benessere individuale e promuovendo la creazione di un equilibrio interno al team più giocoso e più sano. Le nostre attività propongono sostanzialmente momenti ludici, di sfida ma anche di fatica, da portare a termine tutti insieme, ai quali affianchiamo momenti di chiarimento collettivo. Avere la possibilità di esprimere componenti della propria personalità e del proprio carattere che magari sul posto di lavoro non trovano spazio comporta benefici tangibili in termini di coinvolgimento e soddisfazione dei singoli. A partire da questa nostra esperienza abbiamo strutturato il format che proponiamo alle aziende, che viene di volta in volta personalizzato in base alle specifiche esigenze. Ci dedichiamo innanzitutto all’analisi del clima e della cultura aziendali per determinare quale attività risulti più funzionale ai propositi di team building ed employee engagement: il punto di partenza può essere una situazione in cui i rapporti e le gerarchie sono molto strutturati e definiti, o al contrario può esserci la necessità di stabilire dei confini di ruolo e responsabilità. Risulta evidente che in questi due casi le attività che andremo a proporre saranno ben diverse tra loro. Terminata questa prima fase, presentiamo le nostre considerazioni al committente e studiamo insieme la migliore esperienza da proporre ai dipendenti”.

ISCRIVITI al workshop CHANGING THE EMPLOYEE ENGAGEMENT il 12 luglio con SHAREWOOD e altre 5 realtà

Emma Pisati – HEI Human Experience Insights

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