“La logica vi porterà da A a B. L’immaginazione vi porterà dappertutto”: non ogni soluzione vincente è appannaggio di razionalità e calcolo, al punto che spesso è proprio la “variabile impazzita” della creatività a trovare le risposte migliori, risvegliando l’entusiasmo, la partecipazione e il piacere di trovare nuovi approcci, nuove metodologie e nuove tendenze.
Dal 2005 creatività pratica, solution finding e coaching sono tra le metodologie utilizzate da Papaya Consulting per promuovere la crescita dei team aziendali e aiutarli a raggiungere risultati concreti in modo stimolante, concreto e interattivo, coniugando al suo interno training e marketing. Tra i servizi che la società propone c’è anche il design thinking, di cui molto si è parlato negli ultimi tempi; Valérie Jakobowski, owner di Papaya Consulting, ci ha parlato di questa metodologia che permette di acquisire alcune tecniche tipiche dei designer per innovare in tutti i campi.
Il design thinking come booster per l’innovazione
“Il design thinking è un approccio, una metodologia ispirata ai designer che aiuta ad avere idee nuove, utili, attrattive per gli utenti e da lanciare quanto prima, cercando di minimizzare i rischi del ‘go to market’ grazie ai test che vengono condotti sin da subito durante il percorso creativo” ha esordito Valérie. “Insomma, se avete voglia di innovare e di mettere ancora di più le persone al centro, il design thinking è ciò che fa al caso vostro!”.
L’approccio in questione chiama in causa tutti i membri di un team, nessuno escluso, favorendo una proficua commistione tra le competenze analitiche del marketing e le competenze intuitive dei creativi. L’obiettivo è quello di progettare un prodotto e un’esperienza d’uso unici attraverso l’osservazione empatica, l’identificazione, la formulazione e l’analisi di insights sfidanti, per giungere infine alla realizzazione di uno storyboard o di un prototipo.
Questo modello progettuale per la risoluzione di problemi complessi attraverso una visione e una gestione creativa dei processi è basato su differenti principi: “L’idea nuova è che l’innovazione è un motore e un’attività riservata non solo al marketing, ma che ha bisogno del contributo e della fantasia di tutte le funzioni nell’azienda” ha proseguito Valérie. “Si tratta di osservare, entrare il più possibile nelle mappe mentali delle persone potenzialmente coinvolte per elaborare, prima degli altri, delle proposte attraenti ed economicamente sostenibili. Ci sono anche due elementi particolarmente forti secondo me: il primo è l’attenzione verso quelli che vengono chiamati ‘extreme users’, ossia coloro che non hanno nessun interesse verso la tematica oppure quelli che, al contrario, ne sono fan ─ anche solo questo cambio di prospettiva dà un sacco di spunti. Il secondo è l’idea di pre-testare immediatamente le proposte, senza perdere tempo, effettivamente molto efficace ma che richiede al contempo tanta creatività”.
Un processo di lavoro di durata variabile, le cui applicazioni possono essere le più svariate: “Prodotti, servizi, organizzazioni… tutte. Ma affinché funzioni appieno e dia i migliori risultati, è necessario un cambiamento culturale che vada ben oltre la ‘semplice’ ideazione di nuovi prodotti. Se diffuso il più possibile, infatti, il design thinking diventa un booster per tutta l’organizzazione, una fonte di motivazione e di energia che sono il suo vero plus” ha sottolineato Valérie.
Empatia e cambiamento, perché scegliere il design thinking
Ma quali sono i vantaggi e i benefici specifici di questo approccio, in che modo si distingue da tutte le altre metodologie di sviluppo e problem solving? “Il design thinking non è ovviamente l’unica metodologia interessante, né può essere applicato indiscriminatamente: noi che siamo specializzati nell’innovazione proponiamo sempre una ‘cassetta degli attrezzi’ piuttosto ampia, che comprende approcci diversi per dare il meglio ai nostri clienti e per trovare la modalità integrata più adatta per rispondere alle loro esigenze specifiche. Il design thinking, a mio avviso, permette di capire l’importanza dell’esperienza di cui tanto si sente parlare, e obbliga a guardare il mercato e le persone con ‘occhiali nuovi’ e un interesse sincero” ha spiegato Valérie.
Non solo le esigenze e gli obiettivi specifici, ma anche le dimensioni e la natura delle aziende costituiscono attualmente un fattore discriminante nella scelta: “Le startup e le multinazionali, soprattutto, si stanno interessando al design thinking e ai suoi ‘fratelli’ ─ sprint design, day by day innovation, open space technology, agile… Le aziende hanno capito che anche se sei leader del tuo settore devi prepararti a innovare ancora più in fretta. Sicuramente le piccole e medie imprese non sono ancora tutte a bordo, ma potenzialmente lo strumento fa anche per loro. E la buona notizia è che piace! Le persone sono entusiaste di poter dare il loro contributo e partecipare con le loro idee al successo dell’azienda di cui fanno parte” ha concluso Valérie. “Quindi non si tratta più di sapere se si vuole fare design thinking, ma di scegliere quale metodologia è più adatta alla cultura, al team e agli obiettivi aziendali”.
Emma Pisati – HEI Human Experience Insights
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