Agire il cambiamento con il design organizzativo

design organizzativo 1Quando soffia il vento del cambiamento alcuni costruiscono dei ripari, altri costruiscono dei mulini a vento”. In ambito aziendale, l’impeto della trasformazione che preme alle porte delle organizzazioni può essere a sua volta trasformato in forza motrice e creativa, cogliendone il potenziale evolutivo e migliorativo.

Ma in che modo si costruiscono questi “mulini”, ovvero comportamenti e mentalità innovativi, sviluppo organizzativo e acquisizione di nuove competenze e capacità?
Una delle vie percorribili è quella di avviare un progetto di design organizzativo (organizational design). Per capire di cosa si tratta abbiamo chiesto a un’esperta in materia: Stefania Padoa, Founder di Grow Executive.

Stefania Padoa continuerà a condividere il suo know-how il 6 maggio, durante l’evento Smart Working Village:
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Design organizzativo: che cos’è e quando è utile per le aziende

Per essere sicuri di non dare nulla per scontato, abbiamo iniziato la nostra conversazione con Stefania dalle “origini”: «Personalmente identifico il design organizzativo con un mindset, un approccio human centered a 360 gradi, che permette di progettare in modo consapevole l’employee experience all’interno di un’azienda, gestire nel modo più efficiente possibile ogni situazione di change management, capire che forma dare alla propria organizzazione, creare una connessione sostenibile tra azienda e persone».

Queste ultime vengono accompagnate in un percorso di ridefinizione dei comportamenti e delle modalità operative, affinché sviluppino unafoto Stefania Padoa maggiore consapevolezza a riguardo e siano in grado di maturare una scelta trasformativa delle abitudini meno funzionali alla crescita e al benessere dell’organizzazione, in un clima di sicurezza psicologica in cui ogni innovazione emerge in maniera spontanea da un processo co-progettato e condiviso.
Un mix di cultura e strumenti che permette di trovare una risposta funzionale al cambiamento e di sviluppare adattività a livello aziendale e individuale.

Come si struttura un progetto di design organizzativo

L’approccio di Stefania e della sua società Grow Executive ha come tratti distintivi un solido fondamento etico e collaborativo: «Quando entra in azienda, il consulente non può e non deve fare tutto da solo. Cambiamento e trasformazione richiedono un lavoro di squadra: non ci si può presentare in un contesto organizzativo e imporre una determinata linea d’azione senza tener conto delle persone, delle relazioni interne, delle politiche di sviluppo e ingaggio dei talenti, della storia e della cultura aziendale» ha sottolineato Stefania. «Questi sono alcuni dei fattori che valutiamo per stabilire chi coinvolgere inizialmente in ciascun progetto, insieme a HR, CEO e imprenditori. La chiave per il successo del design organizzativo è ovviamente riuscire a portare a bordo persone motivate, entusiaste e disposte a giocare un ruolo attivo, alimentando poi costantemente questo sentimento di engagement, per esempio facendo loro percepire in modo chiaro e concreto i vantaggi che si possono ottenere e le urgenze che si possono risolvere».

Passando alla struttura vera e propria di un progetto, Stefania Padoa ci ha indicato 4 fasi principali: «Ogni percorso che proponiamo in azienda prevede innanzitutto un’attività di analisi del contesto in cui verrà attuato il progetto, condotta attraverso modelli a matrice, audit, assessment e dialogo diretto con la popolazione aziendale. Segue l’ingaggio delle persone attraverso workshop, kick-off, tavole rotonde, etc., che ci permette di creare e consolidare un rapporto di fiducia, di conoscere e rispettare i bisogni e le aspettative professionali di ciascuno. Si passa poi all’attività di prototipazione svolta in sinergia dal team di esperti esterni e dal team interno all’azienda. Una volta elaborato il prototipo iniziale si passa alla fase di trial, ovvero alla validazione sul campo del progetto ideato, al suo miglioramento in base all’esperienza e alla successiva adozione su larga scala».

I benefici per persone e aziende

design organizzativo 2Per darci un’idea dei vantaggi che le aziende possono ottenere tramite il design organizzativo, Stefania ha preso le mosse da “un’esperienza di consulenza vissuta”. «Una delle aziende che si è rivolta a noi per strutturare e realizzare al proprio interno un progetto di design organizzativo è stata una PMI composta da circa 100 lavoratori. L’urgenza da risolvere era la seguente: con l’arrivo di commesse più grandi, l’abituale snellezza dei processi interni si era trasformata in una complessità che aveva fatto accumulare notevoli ritardi nelle consegne. Questo, a sua volta, aveva innescato un’escalation di tensioni interne che andavano a complicare ulteriormente la situazione, in un circolo vizioso» ci ha raccontato. «L’analisi preliminare che abbiamo condotto ci ha permesso di decodificare le variabili emotive in gioco, e di individuare di conseguenza gli elementi più efficaci e funzionali a disinnescare la condizione di tensione e inefficienza. Abbiamo quindi puntato sulla semplicità e sulla capacità di far percepire benefici tangibili all’intera popolazione aziendale nel breve periodo, creando un team interfunzionale con il compito di favorire lo scambio di informazioni tra le varie unit e facilitare così la delivery» ha proseguito Stefania. «Questo ha permesso alle persone di ritrovare allineamento, coesione interna, qualità del lavoro svolto e di ridurre i tempi morti».

La trasformazione passa (anche) dalla valorizzazione degli errori

C’è infine un altro aspetto chiave quando si vuole adottare fino in fondo l’attitudine al cambiamento, ed è la rivalutazione dell’errore e della sua portata trasformativa: «L’errore è parte integrante di ogni processo evolutivo, di ogni sperimentazione che – per sua natura – procede per tentativi più o meno riusciti» ha sottolineato Stefania Padoa. «In Italia deve ancora svilupparsi una vera cultura dell’errore. Il passo da compiere è quello di approcciarsi in modo diverso alle scelte, lasciandosi alle spalle la costante e paralizzante paura di sbagliare e adottando una diversa prospettiva su quella che può essere definita una “scelta corretta”, che a mio avviso si identifica con una scelta reversibile. Questo non significa» ha specificato Stefania, «non ponderare con cura le proprie risoluzioni e agire sull’onda del sentimento, bensì non considerare le scelte come qualcosa di definitivo e immutabile, nel bene e nel male. Dare prova di una simile mentalità e cultura rende le aziende attrattive soprattutto per i giovani talenti, che nella maggior parte dei casi sono pronti e disposti ad assumersi dei rischi per portare innovazione e valore aggiunto all’organizzazione. Se questa tensione viene frustrata o penalizzata, le aziende si precludono la possibilità di evolvere sul mercato e di presentarsi agli occhi dei lavoratori come luoghi in cui “vale la pena lavorare” e mettere in gioco fino in fondo le proprie capacità, senza limitarsi ad eseguire la routine quotidiana. Il new way of working ci porta verso una dimensione professionale contraddistinta da autonomia, libertà, agilità – in breve, dalla centralità della persona. Per questo» ha concluso Stefania, «il cambiamento che molti oggi invocano passa da una strategia organizzativa in grado di intercettare e mettere a sistema le esigenze individuali, coniugando tecnologia, approccio one to one, cultura del feedback e dell’ascolto continuo».

Per approfondire il tema del design organizzativo puoi seguire l’intervento di Stefania Padoa durante lo Smart Working Village:
qui trovi tutte le informazioni utili.

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