Cosa significa davvero promuovere la diversity

diversityDiversità e inclusione: quante volte ne abbiamo parlato, quante volte abbiamo evidenziato i pregi e i benefici di una diverse workforce per la crescita, l’innovazione e la competitività delle aziende? Sicuramente molte. Oggi però vogliamo porci un’altra domanda: cosa deve fare un’organizzazione per promuovere davvero la diversity?

Una risposta a questa domanda si trova in un recente articolo pubblicato da Wil Schroter su startups.com, in cui l’assunto di base è piuttosto chiaro: la diversity non è solo questione di assunzioni, ma anche di comprensione e di disponibilità a confrontarsi con rispetto ed equilibrio, qualsiasi sia la differenza che ci “divide”. Ma procediamo per gradi.

Non aver paura di esprimersi: questa è diversity

Lavorare in team costituiti da persone con background, cultura, esperienze differenti richiede di saper trasformare innanzitutto le modalità di comunicazione interna: il terreno della comprensione implicita si restringe, così come la capacità di formulare supposizioni e anticipazioni veritiere e corrette di ciò che i nostri colleghi stanno per fare, dire o provare. A questo si accompagna una paura crescente di “dire la cosa sbagliata nel modo e al momento sbagliato“, con ovvie ripercussioni negative su collaborazione, relazioni interne e clima aziendale.

Uno spazio sicuro per comunicare la diversity

La prima mossa suggerita da Schroter per “praticare” la diversity all’interno di un’organizzazione è quella di creare un luogo sicuro (virtuale o fisico) in cui le persone possano esprimersi e confrontarsi apertamente senza aver paura di essere attaccate o giudicate.

All’interno di questo spazio devono essere seguite alcune regole: accettare di porre domande difficili o spinose con la consapevolezza di potersi sbagliare; rispondere argomentando e condividendo conoscenze ed esperienze; sostituire supposizioni o dichiarazioni con “domande oneste” che permettano di assumere il punto di vista dell’altro (per esempio passare da “Ti sbagli” a “Mi aiuti a capire perché ti senti così?“).

La fiducia è una buona abitudine

Permettere a ogni persona dell’organizzazione di sentirsi sicura quando comunica significa, tra le altre cose, spianare la strada alla sua capacità di apprendere, sentirsi coinvolta, essere disposta all’ascolto attivo nei confronti degli altri membri del team. Un circolo virtuoso che ha bisogno di tempo e impegno per consolidarsi e diventare abitudine, ma che – come sottolinea Schroter – segna il passaggio a una cultura aziendale davvero fondata sulla valorizzazione della diversity: «La sfida si complica con ogni singola nuova assunzione: dobbiamo guadagnare la fiducia dei nuovi arrivati, che probabilmente provengono da un’organizzazione che non ha mai avuto un impegno di questo livello. Sarà un viaggio molto, molto lungo. Ma sapete una cosa? Non c’è altro modo. Finché non riusciremo a consolidare la fiducia e a crescere insieme nel tempo, non saremo mai veramente diversi. Non importa quanto sia difficile, o quanto tempo ci voglia: siamo determinati a fare le cose per bene».

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