Negli ultimi mesi ci è stato chiesto in diverse interviste se sia vero che le aziende italiane – e in particolare le PMI – puntino di più sui talenti esterni che su quelli interni. Rispondere non è stato affatto difficile: è indubbiamente così. È sufficiente constatare la rilevanza che ha assunto in Italia il tema dell’employer branding e quanto stia crescendo presso le nostre aziende l’utilizzo di soluzioni – tecnologiche e non – per rafforzare la strategia di attrazione dei talenti.
Pensiamo ai software per i video-colloqui, alle pagine aziendali su Indeed e LinkedIn, alla partecipazione ai career day, ai career site sempre più curati e all’utilizzo di ATS per ridurre i tempi di selezione e mantenere più facilmente il rapporto con i candidati. Anche le procedure di onboarding – un processo a metà tra l’acquisizione e il mantenimento del talento – sono sempre più curate e digitalizzate, in modo da far inserire rapidamente i nuovi arrivati.
Ma, una volta completata questa fase, quante aziende sono in grado di gestire il nuovo dipendente con la stessa attenzione? A cosa serve vincere una faticosa guerra dei talenti se poi questi, una volta assunti, non hanno modo di crescere e veder valorizzate le proprie competenze?
L’importanza di un sistema di valutazione del personale
Purtroppo, nelle aziende la strategia e i processi di sviluppo e retention del personale sono spesso meno consolidati di quelli di attraction.
Tutto parte dall’assenza di un sistema moderno di valutazione del dipendente. Sono proprio questi sistemi a offrire, infatti, una solida base per la costruzione dei percorsi di carriera, le decisioni sulle promozioni, l’erogazione dei bonus, la mobilità interna e persino le strategie di ricerca e selezione.
Un altro vantaggio di questi sistemi è diventato particolarmente evidente durante l’ultima crisi. Le aziende che li utilizzano possono infatti agganciare una parte di retribuzione variabile al raggiungimento degli obiettivi personali e aziendali. In questo modo possono premiare i dipendenti nei momenti in cui l’impresa può permetterselo e ridurre le spese nei periodi di difficoltà.
Gli ostacoli percepiti alla valutazione dei dipendenti
Quali sono, allora, gli ostacoli che le aziende italiane – e soprattutto le piccole e medie imprese – percepiscono nell’introduzione e nella digitalizzazione di un sistema di valutazione del personale?
In primo luogo, c’è la diffusa credenza che i sistemi di valutazione siano un’esclusiva dei grandi gruppi. Questo perché sono sempre stati messi in risalto sistemi di performance management – un tempo il 360°, oggi il continuous feedback – che prevedono un forte investimento tecnologico e richiedono molto tempo al management.
In secondo luogo, la natura meno standardizzabile del processo di valutazione rispetto ad altre aree di gestione delle Risorse Umane presuppone un impegno maggiore. Perché un sistema di performance management dia i suoi frutti deve infatti essere legato a processi, obiettivi e vision della singola azienda. Le piccole e medie imprese non sempre possiedono le competenze necessarie al loro interno, e se vogliono strutturare un processo molto articolato devono ricorrere a consulenti HR esterni.
C’è, infine, il diffuso timore che l’introduzione di questi sistemi venga osteggiata dai dipendenti. Un timore infondato, dato che – al contrario di quanto avveniva in passato, quando i sistemi di valutazione erano imposti dall’alto, centralizzati e per nulla trasparenti – oggi sono i dipendenti stessi a desiderarli.
Un recente sondaggio dell’Osservatorio sul Performance Management in Italia – organizzato dalla fondazione Marco Biagi di Modena e altre realtà – ha infatti riscontrato che il 97% dei dipendenti sarebbe favorevole all’introduzione di un sistema di valutazione nella propria azienda.
Quali sono i modelli più adatti alle PMI (e non solo)?
Per la grande maggioranza delle piccole e medie imprese italiane, l’introduzione di un semplice sistema digitale di valutazione capo-collaboratore costituirebbe un enorme passo in avanti nella gestione delle Risorse Umane. In passato, le critiche mosse a questa modalità di valutazione erano tipicamente tre:
- la scarsa oggettività della valutazione sulle competenze trasversali, considerate troppo astratte per poter essere giudicate;
- la poca trasparenza del processo, scritto su fogli di carta gelosamente conservati negli archivi aziendali;
- la cadenza annuale, considerata troppo lunga per poter rispondere a esigenze di business sempre più dinamiche.
Queste critiche sono state per lo più superate grazie all’utilizzo di software in cloud, che offrono processi interattivi e trasparenti, e possono prevedere review e aggiornamenti nel corso dell’anno.
Anche sull’oggettività delle valutazioni si sono fatti notevoli passi in avanti. Non solo con formazioni apposite per i valutatori, ma anche adottando criteri di valutazione meno soggettivi, come vedremo più avanti.
La valutazione capo-collaboratore, inoltre, richiede un impegno moderato a tutti gli attori (dipendente valutato, manager valutatore e Risorse Umane) e fornisce un risultato definito che può essere impiegato per prendere decisioni sullo sviluppo del personale.
La valutazione degli obiettivi (MBO)
Che sia legato a una profonda revisione dei processi aziendali secondo il metodo del management by objectives o semplicemente all’allocazione degli incentivi, un sistema di valutazione degli obiettivi dovrebbe esistere in qualunque azienda. Assegnare obiettivi a un dipendente – sia individuali che aziendali – lo aiuta infatti a orientare meglio il suo lavoro e a sentirsi parte integrante del business aziendale. L’importante è utilizzare esclusivamente obiettivi SMART (specifici, misurabili, realizzabili, rilevanti e inseriti in una finestra temporale), che non possano essere soggetti ad ambiguità e fraintendimenti.
Dalla valutazione degli obiettivi va fatta scaturire una percentuale da applicare al bonus per il dipendente, il cui ammontare viene stabilito al momento della loro definizione. Questo sistema, semplice e lineare, consente di premiare il merito e identificare rapidamente problemi e inefficienze che hanno un impatto diretto sul business aziendale.
La valutazione delle competenze per comportamenti osservabili
La valutazione delle competenze è un’attività fondamentale per qualunque azienda. Ma come si fa a misurare in maniera oggettiva competenze astratte come la leadership, il problem solving o la proattività? Un metodo sempre più diffuso tra le aziende italiane è quello di associare a ogni competenza dei comportamenti osservabili e chiedere al valutatore di giudicarne la frequenza. Non gli si chiederà quindi di indicare, per esempio, quanto sia affidabile un dipendente, ma quanto spesso rispetti le scadenze.
Sono poi le piattaforme digitali a convertire questi giudizi in una valutazione della competenza, un’informazione utilissima nella redazione delle azioni per lo sviluppo del dipendente e del piano di formazione aziendale. Anche in questo caso si tratta di un sistema di valutazione semplice e accessibile a tutte le aziende, con ottime percentuali di adozione da parte di dipendenti e manager.
Andrea De Vita
Responsabile marketing di Altamira
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