Candidato, cliente, persona: questo si nasconde dietro ogni singolo CV o application form che le aziende ricevono, all’interno di un processo quotidiano che – come molti altri – sta diventando sempre più digitale. Ma la digitalizzazione non è l’unico cambiamento che il recruiting ha conosciuto negli ultimi anni: l’esperienza dei candidati e il loro “potere” nei confronti delle organizzazioni, infatti, hanno conquistato un ruolo e un peso del tutto nuovi, che richiedono di conseguenza la capacità di reinventare i processi di selezione, attraction e onboarding, con un’attenzione particolare alla candidate experience, ai valori e alla brand identity. Un’occasione preziosa per distinguersi sul mercato HR e per far colpo su candidati sempre più informati e attenti, sfruttando i nuovi strumenti tecnologici e intelligenti a disposizione, come abbiamo visto in occasione del nostro Talk About dedicato a employer branding e recruiting digitale.
Employer branding à la carte: presentarsi al meglio per attrarre di più
Abbiamo detto che i rapporti di forza tra candidati e aziende sono cambiati, e per dimostrarlo basta menzionare Glassdoor, il “tripadvisor delle aziende” grazie al quale i talenti si informano e si scambiano opinioni riguardo alle organizzazioni per cui lavorano o potrebbero lavorare. “I candidati di oggi si informano prima di entrare in contatto con i loro potenziali datori di lavoro” ha spiegato Andrea Frigo di Monforte. “L’employer branding deve rispondere alle loro aspettative, trasmettere coerenza e un allineamento costante con l’immagine aziendale veicolata, tenendo a mente che per i millennials onestà e trasparenza sono fondamentali”.
Ecco allora che per una strategia di talent e candidate attraction di successo la collaborazione tra HR management e reparto marketing può segnare il discrimine tra successo e fallimento, a patto che vengano rispettati – secondo Frigo – cinque punti: il primo è quello di identificare l’owner del progetto (e per questo è fondamentale l’allineamento del CEO); il secondo è l’allineamento tra corporate ed employer brand; il terzo è la capacità di mantenere vivo l’impegno delle parti coinvolte e interessate; il quarto è quello di costruire una vera e propria squadra cross-dipartimentale; il quinto, infine, è la capacità di mantenere il focus sull’obiettivo di talent attraction perseguito.
È tempo di restyling per recruiting e onboarding
Attrarre candidati e talenti, però, è solo il primo passo, compiuto il quale bisogna occuparsi di garantire una candidate experience ottimale lungo tutto il processo recruiting e onboarding. A tal proposito è intervenuta Agnese Bottaro di Easyrecrue, concentrandosi in particolare sui processi di selezione digital. “Il primo ambito di miglioramento” ha esordito Agnese “è già quello di ricerca delle posizioni aperte all’interno di un’azienda. Spesso infatti è difficile trovare la giusta offerta, problema che può essere ovviato implementando un chatbot all’interno della career page aziendale per orientare gli utenti verso l’annuncio più in linea con il loro profilo e le loro competenze”.
Una spiacevole esperienza da spedire nel dimenticatoio, inoltre, è quella del silenzio abissale che nella maggior parte dei casi segue l’invio di una application, il cui stato di avanzamento dovrebbe essere costantemente comunicato e monitorabile. Passando invece ai colloqui conoscitivi e all’assessment linguistico, Bottaro ha indicato innanzitutto la possibilità di utilizzare video-colloqui in differita per garantire ai candidati la possibilità di presentarsi al meglio, dove e quando ritengono più opportuno. Per ridurre i tempi di verifica e certificazione delle competenze linguistiche, invece, Bottaro ha presentato Easyspeaking, soluzione che permette di effettuare test online con il successivo rilascio di certificati a valenza internazionale. I vantaggi connessi a una corretta strategia di employer branding sono stati ribaditi da Ileana Clarita Marisi di HILTI Italia, che ha portato l’esperienza del programma aziendale Grow@HILTI, dedicato ai giovani neolaureati. “Il Graduate Program Grow@HILTI” ha spiegato Ileana, “è attivo sia a livello nazionale che internazionale, e prevede 6 mesi di formazione con affiancamento sul campo”. Per rendere il processo di selezione più veloce e semplice, l’azienda ha adottato la soluzione per i video-colloqui di Easyrecrue. “Questo ci ha permesso non solo di aumentare la flessibilità del processo in questione, ma anche di ricevere un gran numero di feedback positivi dai candidati e soprattutto di coinvolgere i manager attraverso il programma ‘Mettiamoci la faccia’, grazie al quale essi hanno potuto registrare delle domande da sottoporre ai neolaureati in fase di recruiting. Risultato: le persone che hanno raggiunto il traguardo dell’assessment si sono rivelate di grande qualità, e più in linea con i valori aziendali rispetto al passato”.
Non ti scordar di me: ATS e gestionali unici
Fatte salve tutte le trasformazioni del caso, il career site di un’azienda resta la sua vetrina più importante, quindi parte integrante della strategia di employer branding. “Questa sezione del sito aziendale deve offrire contenuti di valore, essere sicura e soprattutto mobile friendly, dal momento che il 43,73% delle visite avviene attualmente da smartphone” ha spiegato John Martelli di Altamira. Ma non è tutto: il career site può diventare un vero e proprio hub, una miniera d’oro in termini di informazioni su ciascun candidato, a patto che si disponga di un database unico e integrato per la gestione dei CV. Dopo aver ricordato a sua volta l’importanza di tenere aggiornati i candidati circa l’avanzamento della loro candidatura attraverso feedback regolari, Martelli ha suggerito di fare particolare attenzione anche alla tutela della privacy dei candidati, alla stesura degli annunci di lavoro – e in particolare alla presenza, al loro interno, delle parole chiave che i candidati potrebbero ricercare con maggior frequenza e facilità –, alla sicurezza e alla compliance dei processi, che possono essere preservate per esempio attraverso l’adozione di ATS (Applicant Tracking System).
È stato poi compito di Eva Vazzoler ed Elisa Michielan di Banca IFIS illustrare come, nei fatti, le attività di recruiting possano diventare un’occasione di branding. È quanto è successo con il lancio dell’iniziativa Lavorare in banca, che ha raggiunto il triplice obiettivo di raccontare i valori della società, dar voce ai dipendenti e sviluppare la talent attraction. “Il buon esito del progetto è stato possibile grazie alla collaborazione tra reparto comunicazione e reparto HR” hanno raccontato Vazzoler e Michielan. “Trasformare i nostri collaboratori in ambassador ha permesso loro di sentirsi realmente valorizzati e al centro dell’azienda. Sviluppare questo progetto attraverso differenti canali – tra cui quelli social – ha inoltre permesso di promuovere la comunicazione tra uffici e rilanciare con maggiore efficacia le posizioni lavorative aperte e più urgenti secondo gli HR manager, con un miglioramento complessivo di recruiting e brand awareness”.
Le attività di ricerca e selezione del personale sono quindi davvero giunte a un punto di svolta, grazie alle nuove tecnologie ma anche – e forse soprattutto – a un nuovo orientamento culturale e a una sempre più radicata consapevolezza del valore e della centralità delle persone nell’economia odierna, con tutto il corollario delle loro aspettative, esigenze e bisogni. La people centricity avanza non solo nel mercato consumer, e i reparti HR devono farsi trovare pronti.
Emma Pisati
HEI Human Experience Insights
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