Molte realtà praticano lo smart working e non lo sanno. Non sanno di essere molto più smart di una qualsiasi organizzazione che ha introdotto formalmente il lavoro agile. Perché? Perché dire “noi facciamo smart working” è facile, ma “fare smart working” non equivale, come molti credono, a lavorare da casa per quattro giorni al mese.
Prendiamo il caso del team di un’agenzia di design delle relazioni come L’Ippocastano, nata nel 1989, formato da Luca, Letizia, Valeria, Emma, Raffaela, Federico e Tancredi. Sette persone diverse e una grande attenzione alle esigenze personali e professionali di ciascuno. “Impossibile gestirle” penserete, e invece no. In che modo? Ognuna di loro organizza il proprio lavoro in modo responsabile e autonomo, grazie al rapporto di fiducia e collaborazione che intercorre all’interno del team.
Ecco un caso di smart working informale dove la gestione indipendente del tempo e dello spazio di lavoro avviene in funzione delle singole necessità. Paradossalmente questa azienda non fa smart working, eppure secondo noi è già molto smart.
Insieme all’Ippocastano abbiamo deciso di avviare una sperimentazione dello smart working per evidenziare le opportunità e le sfide connesse a progetti di questo tipo.
Il 2 aprile si apre il bando di Regione Lombardia dedicato allo smart working: se vuoi parlarne con un esperto clicca qui
Il caso di un’azienda alle prese con un progetto di smart working
Un team di 7 persone può rappresentare il team di un progetto di sperimentazione dello smart working in qualsiasi tipo di organizzazione. Quando si avvia un progetto pilota consigliamo di farlo coinvolgendo le persone che più di altre sono pronte. Il ruolo sarà quello di trainare e dare l’esempio, comunicando in maniera corretta e trasparente il progetto al resto della realtà.
Ma facciamo un passo indietro. Prima di partire con la sperimentazione vera e propria è fondamentale allineare i principali decisori dell’organizzazione sugli obiettivi che si vogliono raggiungere: per questo siamo partiti dallo Smart Working Canvas, coinvolgendo le 4 figure con maggiori responsabilità all’interno dell’azienda.
Durante la mattinata di workshop abbiamo chiesto a ciascuno di rispondere a una serie di domande-stimolo con dei post it che, una volta sistemati e appesi, hanno dato origine ad un Canvas vero e proprio.
Chi siamo oggi? Dove vogliamo arrivare come azienda e come team?
Ripercorriamo ora i momenti più significativi di questa prima mattinata di lavoro insieme, e lo facciamo innanzitutto con le parole di Luca, CEO dell’Ippocastano: “Siamo partiti dall’individuare cosa volesse dire per noi smart working. Per ciascuno ha assunto un significato diverso, dall’avere strumenti efficienti per ottimizzare le energie al risolvere i problemi elegantemente, con metodo e creatività allo stesso tempo, fino a ‘metterci del proprio’, inteso come contributo di tutti alla crescita dell’organizzazione“.
Il team dell’Ippocastano ha deciso di avviare questo progetto mosso dal desiderio di cambiare il modo in cui ciascuno svolge e vive il proprio lavoro, uscendo dagli schemi convenzionali. È emerso il bisogno di una responsabilità più diffusa, di una maggiore autonomia e consapevolezza, di raggiungere gli obiettivi lavorativi con uno standard qualitativo più alto. Traguardi sfidanti che trovano un buon terreno di partenza: “Siamo un team che inconsapevolmente è già piuttosto smart” ha riconosciuto Luca. “Fare smart working per noi significa collaborazione, fiducia e sinergia. La rete di Copernico in questo ci aiuta fornendoci degli spazi di lavoro dove lo scambio e le interazioni personali sono all’ordine del giorno“.
Dal momento che i presupposti per un buon lavoro ci sono tutti, non resta che mettere in pratica una serie di azioni concrete al fine di sperimentare con successo lo smart working vero e proprio, per esempio trascorrere almeno una giornata lavorativa fuori dalla sede principale.
In viaggio verso la sperimentazione e l’Accordo di Lavoro Agile
“Ogni persona che fa parte dell’Ippocastano firmerà a breve un Accordo di Lavoro Agile” commenta Federico Bianchi, CEO di Smartworking srl, “fondato su principi condivisi, non regole, che orienteranno i mesi di sperimentazione. Periodicamente si svolgeranno dei momenti di retrospettiva, per capire se tutto procede nella direzione giusta, e per permettere a ciascuno di esprimere eventuali dubbi o insicurezze“.
“Firmare l’Accordo e avviare la sperimentazione vuol dire accettare una sfida, anzi, più sfide” ha aggiunto Luca, “come accettare che ognuno di noi abbia percorsi diversi, impegnarsi nel costruire dei riti condivisi, lavorare efficacemente e non eseguire semplicemente dei task. Personalmente mi impegnerò a fondo per far sì che queste sfide si trasformino in opportunità“.
Ecco alcuni dei benefici strategici che questo progetto permetterà di ottenere:
- crescita della realtà aziendale
- innovazione dell’organizzazione
- clienti più soddisfatti
- possibilità di divertirsi al lavoro
- maggiore leggerezza
- riconoscimento esterno delle competenze
“La nostra organizzazione ha moltissimo potenziale latente e questo progetto può aiutarla a tirarlo fuori” ha concluso Luca. “Non bisogna vivere questa fase sperimentale con paura ma con lo spirito di un vero e proprio esploratore che va sempre alla ricerca di nuove esperienze e nuovi stimoli“.
Largo allora alla collaborazione, alla condivisione di feedback, all’ascolto continuo, alla reciproca fiducia nelle rispettive capacità. Lo step successivo vedrà tutti protagonisti della fase di sperimentazione vera e propria: ci aggiorniamo tra un paio di mesi per scoprire come è andata.
Se anche tu sei interessato ad implementare una sperimentazione di smart working nella tua azienda potrebbe esserti utile seguire questo webinar!
Articolo a cura di Smartworking
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