“La fortuna non esiste: esiste il momento in cui il talento incontra l’occasione”: una di queste occasioni è stata la seconda edizione della nostra conference The Humanizing Era, grazie alla combinazione di prospettive, esperienze e conoscenze che ci ha permesso di soffermare l’attenzione sulle principali trasformazioni e innovazioni già in atto nelle organizzazioni d’avanguardia e sulle vie che si aprono dinanzi ad aziende di ogni settore e dimensione.
It’s raining tech and big data
La prima occasione per esprimere il proprio talento – sia a livello individuale che aziendale – è ovviamente offerta dalla tecnologia che, come sottolineato da Andrea Langfelder di Oracle, oggi arriva prima nelle case che nelle aziende – alimentando le aspettative dei collaboratori quando si tratta di innovazione dei luoghi di lavoro – e che, inoltre, sta provocando un vero e proprio diluvio di big data da analizzare, valorizzare e gestire.
Ma procediamo con ordine. A livello di rivoluzione tecnologica nei luoghi di lavoro è d’obbligo citare intelligenza artificiale e IoT, che permettono rispettivamente di individuare con maggior precisione i desiderata delle persone interne ed esterne alle aziende e di tutelare proattivamente sicurezza e salute sul lavoro. A scanso di equivoci e inutili allarmismi, Andrea ha inoltre proposto una piccola ma sostanziale modifica del tradizionale significato di AI: “Piuttosto che di artificial intelligence, in Oracle preferiamo parlare di augmented intelligence, poiché la tecnologia non sostituisce l’umano ma ne potenzia le capacità, anche grazie a insights che aprono nuovi spazi per ‘far lavorare il cervello’ e facilitare la collaboration”.
Ma la tecnologia, lo sappiamo, da sola non fa miracoli: altrettanto fondamentali sono people centricity e competenze – queste ultime soprattutto in prospettiva 2020, quando secondo le stime ci sarà un milione di posti di lavoro vacanti proprio per mancanza tanto di skill tecniche quanto di competenze tipicamente umane.
Sul tema delle competenze che non possono mancare nella descrizione di un vero talento digitale è intervenuta Federica Bulega di Ninja Academy: “L’attenzione degli HR manager si sta progressivamente focalizzando su competenze trasversali, pensiero etico e critico, growth mindset, creatività, data driven thinking e sense making”, da coltivare attraverso una cultura aziendale orientata al lifelong learning.
Conquistare il talento: attenzione a selezione e onboarding
Abbiamo detto che chi si occupa di gestione dei talenti e delle risorse umane oggi presta particolare attenzione alle skill trasversali, tanto più in fase di recruiting. A questo nuovo focus si aggiunge la variazione degli equilibri tra candidati e datori di lavoro: sono infatti le posizioni aperte a dover trovare i giusti candidati, e non più solo il contrario. A tal proposito vanno quindi ripensati career site, recruiting e onboarding, anche dietro la spinta dell’onnipervasiva digitalizzazione.
Ma cosa comporta un simile processo? “La digitalizzazione delle HR richiede obiettivi chiari, coinvolgimento dell’IT e un benchmark dettagliato dei fornitori” ha spiegato John Martelli di Altamira. E non stiamo parlando solo di career site sempre più mobile friendly o di processi di valutazione delle candidature che garantiscano un feedback costante, ma anche di organigrammi dinamici, sistemi di rilevazione di presenze e assenze in self-service e, in generale, di soluzioni capaci di mettere sempre al centro i bisogni delle persone, la loro autonomia, di unificare i processi e promuovere la collaboration.
“Il recruiting è marketing” ha aggiunto Luca Soldi di In-recruiting. “Bisogna acquisire e analizzare i dati per capire quali siano importanti, focalizzandosi costantemente sulla candidate experience. Per conquistare i talenti, inoltre, i recruiter devono essere in grado di disegnare i processi ed essere aggiornati sulle più recenti tecnologie. ATS e intelligenza artificiale per il candidate management e la talent attraction possono infine portare benefici come maggiore qualità dei profili individuati, automazione dei task più ripetitivi, riduzione del time to hire e della perdita di candidati idonei”.
Prestare attenzione alla candidate experience è importante anche per garantire la crescita economica dell’azienda e tutelarne l’immagine e la reputation, come ricordato da Andrea Pedrini di Visiotalent. Perché? Perché i candidati – piaccia oppure no – sono anche clienti, e si aspettano un processo di recruiting ingaggiante e coerente con i valori espressi dal brand, pena l’abbandono in toto di quest’ultimo.
Formazione e gamification per trasformare le competenze
Riassumiamo quanto detto finora con l’aiuto di Antonella Loreti e Maurizio Bottari di Ambire: “L’industry 4.0 e le trasformazioni connesse faranno sì che entro i prossimi 3 anni dovranno essere affrontati processi di reskilling, con un’attenzione particolare per le competenze trasversali; entro i prossimi 5 anni nasceranno nuove professioni, ed entro i prossimi 12 l’automazione si diffonderà in modo massivo”. Per gestire questo cambiamento serviranno consapevolezza e sviluppo di capacità come coopetition, e-leadership, team management e lateral thinking. “Bisogna in sostanza puntare a svilupparsi, non semplicemente a crescere, interpretando il cambiamento personale ed esterno e promuovendo fiducia e responsabilità per cambiare davvero le regole, rivedere i comportamenti e crescere professionalmente”.
Se tra qualità e competenze da sviluppare ci sono creatività, pensiero strategico, motivazione e collaborazione, le azioni da intraprendere possono assumere i piacevoli connotati della gamification, metodologia che “permette il coinvolgimento di tutte le risorse, cambia i comportamenti e genera motivazione”, come spiegato da Elettra Panigatti di Another Brick e Stefania Pesola di Team System. Quest’ultima si è poi soffermata sul progetto realizzato all’interno della sua azienda: “Il nostro target era l’area Ricerca e Sviluppo, e l’obiettivo quello di migliorare le competenze trasversali. La gamification ci ha permesso di accrescere coinvolgimento e collaborazione attraverso le due leve della competizione e della condivisione” ha proseguito Stefania. “Tra i risultati ottenuti segnalo in particolare il netto miglioramento della capacità di comunicazione all’interno di ciascun team”.
Ascolto e cultura per sviluppare relazioni e benessere
Se tocchiamo il tasto comunicazione interna risuona immediatamente quello dell’ascolto attivo e diffuso all’interno dell’organizzazione, indispensabile se si vogliono realizzare progetti di cambiamento che non siano del tutto scollegati dai reali bisogni e desideri delle persone. Questo è particolarmente vero quando si tratta di welfare e smart working, entrambi fortemente depotenziati se gestiti con un approccio incurante di relazioni, valori e cultura aziendali.
Partiamo dal welfare, vero e proprio strumento per ridisegnare il modello delle relazioni industriali e sviluppare reti che coinvolgano anche il territorio. Il tutto, però, a una condizione: “Bisogna ascoltare le persone, sennò è inutile fare welfare” ha infatti dichiarato Fabio Galluccio di Jointly. Non basta quindi puntare tutto su provider e spinta normativa – che pure sono due dei principali pilastri della diffusione dei piani welfare, come ricordato da Emanuele Aloise di Easy Welfare. “Attualmente on-top, conversione del premio di risultato e CCNL sono le principali modalità di sviluppo di piani welfare e flexible benefit” ha spiegato Emanuele. “Sempre in riferimento al panorama attuale, i flexible benefit riguardano principalmente grandi e medie imprese; benché l’accesso ai servizi welfare sia notevolmente cresciuto, c’è ampio spazio di miglioramento in termini di vicinanza delle soluzioni proposte ai reali bisogni della popolazione aziendale”.
Un’analoga attenzione va riservata all’adozione dello smart working, affinché questo si traduca in un cambio di cultura e mindset coerente con la trasformazione degli spazi e dei tempi di lavoro. “Un’organizzazione agile è fatta di tecnologia, spazi e cultura” ha precisato Federico Bianchi di Smartworking. “Quando si implementa un progetto di smart working è fondamentale concentrarsi su purpose e valori condivisi, progettando gli spazi in modo tale da eliminare i silos e favorire change management e collaboration, in linea con la vision aziendale”.
Talento ed engagement: la sfida
Dopo tutte queste considerazioni, non può mancare una riflessione sulla linfa in grado di rendere efficace e operativo ogni progetto aziendale, di qualsivoglia natura: l’employee engagement.
“Partiamo dalla brutta notizia: l’employee engagement in Europa e in Italia è piuttosto basso, e si attesta intorno al 60%” ha esordito Luca Quaratino dell’Università IULM. “Tuttavia si tratta di un elemento che non può assolutamente essere trascurato, in quanto fondamentale per la produttività e la qualità del servizio”. Come fare allora per mantenere il talento costantemente ingaggiato? La triade di valori da mettere al centro in questo caso è composta da ascolto, coinvolgimento e comunicazione: “Le organizzazioni devono innanzitutto imparare a parlare nuovi linguaggi cogliendo le opportunità offerte dal digitale, per esempio attraverso iniziative di talent retention e digital storytelling” ha spiegato Quaratino. “Non bisogna poi trascurare le indagini di clima e le conseguenti azioni per risolvere i problemi emersi, per esempio coinvolgendo giovani e impiegati nella discussione dei piani aziendali in presenza del management. Infine” ha concluso Quaratino, “è importante comunicare e ascoltare i propri dipendenti anche e soprattutto nei momenti di crisi, puntando su autenticità e simmetria comunicativa”.
Emma Pisati
HEI Human Experience Insights
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